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40 il re lear

infermo. Nelle nostre malattie noi trasandiamo tutti i doveri che è nostro costume porre in pratica quando siamo sani; tutto in noi muta, allorchè la natura oppressa dal dolore comanda all’anima di soffrir col corpo. Vuo’ calmarmi; troppo mi sono abbandonato alla violenza de’ miei moti, riputando malignità un istante d’indisposizione. Maledizione sul mio stato! Ma perchè sta colui là? (guardando Kent) Quest’atto mi convince che la partenza del duca e di lei fu solo uno strattagemma. Ponete in libertà il mio servo. — Ite dal duca e da sua moglie, e dite loro che vuo’ tosto favellar con essi, in questo istante. Fate che escano, e vengano ad ascoltarmi: ovvero andrò alla loro porta, e vi picchiere con tal impeto, con tale disperazione, che crederanno di intendere gridare esizio e morte!

Gloc. Vorrei che tutto andasse bene fra di voi.     (esce)

Lear. Oimè! mio ardente cuore, ti calma.

Buff. Gridagli piuttosto, zio, come quella gonza che poneva le anguille vive entro un pasticcio, e diceva loro incidendone con uno stecco le creste: Abbasso, lascivette; in fondo, in fondo! Eppure era il fratello di colei quello che per pura benevolenza verso il suo cavallo gli ministrava fieno unto di butirro. (entrano Cornovaglia, Regana, Glocester e domestici) Lear. Buon giorno ad entrambi.

Corn. Salute a Vostra Grazia.     (Kent è posto in libertà)

Reg. Sono lieta di rivedere Vostra Altezza.

Lear. Regana, credo che lo sii; e so qual ragione ho per crederlo. Se tu non dovessi esser lieta della mia presenza, farei divorzio col sepolcro di tua madre, perocchè allora acchiuderebbe soltanto le ceneri d’un’adultera. — Oh! sei tu libero? (a Kent) Ma ad altro tempo questo discorso... Amata Regana, tua sorella è una indegna... Oh! Regana, ella ha attaccato qui (indicando il suo cuore) l’ingratitudine dal dente acuto; come un avoltoio; appena posso parlarti. No, tu non saprai credere con quale durezza quell’anima crudele... Oh mia Regana!...

Reg. Vi prego, signore, siate placido; credo che voi abbiate sconosciuto il merito di lei, piuttosto ch’ella i proprii doveri.

Lear. Hai detto... che dici?...

Reg. Creder non so che mia sorella abbia mancato in ciò che vi deve. Se per avventura, signore, ella ha posto un freno alla scandalosa condotta dei vostri seguaci, una tale opera fu sì onesta, che le toglie ogni biasimo.

Lear. Le mie maledizioni su di lei!

Reg. Oh, signore, voi siete vecchio, la natura tocca in voi