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atto secondo 181


Fran. Subito, signore. — Pregovi, aspettatemi un istante, milord.

P. Enr. No, ascoltami, Francis. — Lo zucchero che tu mi desti valeva almeno un soldo.

Fran. Oh Dio! Milord, vorrei ne fosse costati due.

P. Enr. Ti darò mille ghinee in cambio; dimandamele quando vorrai, e ti saranno sborsate.

Poins (dal di dentro). Francis!

Fran. Subito, subito.

P. Enr. Subito, Francis? no, Francis; ma bensì dimani, Francis; ovvero giovedì; o pur quando vorrai. Ma, Francis.....

Fran. Milord?

P. Enr. Vuoi tu rubare questo giubboncello di cuoio coi bottoni di cristallo, colle mostre pavonazze, e a cui si addicono capelli tagliati in tondo, anello d’agata, calze di lana e giarrettiera di flanella?

Franc. Oh signore! Milord, che volete voi dire?

P. Enr. Ah m’accorgo che il vin dolce è la vostra sola bevanda, e perciò, o Francis, la vostra bianca camicia si lorderà: in Barberia la cosa non verrebbe a tanto.

Fran. Che, signore?

Poins (dal di dentro). Francis!

P. Enr. Via di qui, mariuolo: non odi che ti dimandano?

(qui entrambi cominciano a chiamarlo, talchè il mozzo si rimane confuso, non sapendo da qual parte andare; entra un taverniere)


Tav. Che! Te ne stai là immoto, e non odi che ti vogliono. Bada all’ospite che è dentro. (Francis esce) Milord, il vecchio sir Giovanni, con una mezza dozzina di compagni, sta alla porta: debb’io lasciarli entrare?

P. Enr. Fateli restar soli un momento, e quindi aprite (il Tav. esce) Poins! (rientra Poins)

Poins. Subito, subito, signore.

P. Enr. Mariuolo, Falstaff col resto della masnada stanno alla porta: ne trarrem diletto?

Poins. Da sovrani, mio garzone. Ma ditemi dunque, qual bella scommessa avevate fatta col povero mozzo? Quale ne fu l’esito?

P. Enr. L’esito è che ora provo tutta quella maggiore allegria che mai addolcisse la vita di un mortale, dai vecchi giorni del buon uomo Adamo fino alla nascita di