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174 enrico iv — parte prima


P. Enr. Pace, maledetto sacco da cenci: che strepito fai?

Fal. Dov’è Poins, Enrico?

P. Enr. È salito fino alla cima del colle, andrò a cercarlo.

Fal. Convien ch’io sia maledetto per andar sempre a rubare in compagnia di colui. Lo scellerato mi ha trafugato il cavallo e l’ha legato non so dove; se fo quattro passi quadrati di più non mi resterà lena. Su, su: non dubito che in onta di tutto io non muoia di morte naturale, se mi salvo dalla corda dopo aver ucciso quel malandrino. Son ventidue anni che dico fra me tutti i giorni e a tutte le ore che voglio rinunziare alla sua compagnia, e nondimeno ne sono ammaliato: sì, vuo’ essere appeso se il ribaldo non mi ha data qualche droga che mi costringe ad amarlo. Poins! Enrico! La peste vi soffochi entrambi. — Bardolfo!... Pito!... morrò prima di fame che fare un passo di più per rubare. Vuo’ divenire il maggior mariuolo, che non abbia più per masticare che un dente in bocca, se non varrebbe meglio il diventare uomo onesto e l’abbandonar costoro. Otto verghe di cammino dubbioso corrispondono per me a settanta miglia; e quei scellerati dal cuor di pietra lo sanno! Maledizione su di loro, perchè non si intendono e non sono schietti l’uno coll’altro! (si ode un fischio) Il diavolo vi porti tutti, quanti siete; datemi il mio cavallo, canaglia; datemi il mio cavallo e siate appiccati.

P. Enr. Taci, cianciatore! Chinati coll’orecchio a terra e ascolta se si ode l’avvicinarsi di qualche viaggiatore.

Fal. Avete le leve per rialzarmi quando mi sarò chinato? Pel Cielo! Non trasporterò di più a piedi questa mia povera carne per tutto l’oro che è nello scrigno di tuo padre. Che intendi tu dire schernendomi così?

P. Enr. Non sai quello che gridi, cavaliere pedestre.

Fal. Te ne prego, mio buon principe Enrico, fammi riaver il mio cavallo; buon figlio di re.

P. Enr. Al diavolo il tristo! Son io il tuo stalliere?

Fal. Va, strozzati colla tua giarrettiera ereditaria! se sarò preso, ti accuserò per questo. Se non farò fare ballate sopra voi tutti e in tuoni da trivio, vuo’ che un bicchier di vino di Spagna mi serva di veleno. Quando la celia è tanto spinta, e massimamente a piedi, io la detesto. (entra Gadshill)