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atto secondo | 173 |
Garz. No; non la vuo’: serbala per il carnefice; perocchè so che tu onori san Nicola così sinceramente, quanto può farlo un malandrino.
Gad. Che vuoi tu dirmi col tuo carnefice? Se mai sarò appiccato, formeremo un bel paio di vittime. Perocchè se mi si appicca, il vecchio sir Giovanni mi terrà compagnia, e tu sai bene che egli non è tisico. — Oh, vi sono ancora altri Troiani1, de’ quali non dubiti, e che, pel solo piacere di sollazzarsi, si presteranno a far onore alla professione; onde, se le cose dovessero scoprirsi, riparerebbero a tutto. Non è già colla canaglia delle pubbliche vie, con mariuoli da dieci soldi, nè con staffieri fracidi di birra, ch’io sono associato; ma è con la nobiltà, con persone dabbene, con borgomastri, con ricchi cassieri, persone tutte pronte prima ad agire che a parlare, prima a parlare che a bere, prima a bere che a pregare, o se pregano, pregano solo la loro santa protettrice, la repubblica a cui intendono, non rispettando la proprietà.
Garz. Come! intendono alla repubblica?
Gad. Sì, sì, avvegnachè la giustizia sta solo in lei. Ma allegrati, garzone, chè avrai parte al bottino, quanto è vero ch’io sono un uomo onesto.
Garz. Promettimelo piuttosto da buon ladro.
Gad. Al demonio. Di’ allo stalliere di condur fuori il mio cavallo. Addio, infangato ribaldo. (escono)
SCENA II.
La strada vicino all’albergo.
Entrano il principe Enrico e Poins; Bardolfo e Pito a qualche distanza.
Poins. Venite, appiattatevi, appiattatevi; ho tolto il cavallo a Falstaff che è corrugato come un pezzo di taffettà gualcito.
P. Enr. Stammi vicino. (entra Falstaff)
Fal. Poins, Poins, sia appicato, Poins.
- ↑ Gergo del ladri per nominarsi fra di loro.