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ENRICO IV
ATTO PRIMO
SCENA I.
Una stanza nel palazzo.
Entrano il re Enrico, Westmoreland, Blunt, e altri.
Enr. Battuti dalle tempeste, stanchi come siamo, e pallidi ancora di terrore, lasciam che la pace ci sorrida un istante, per avventarci poscia a nuove contese sopra sponde lontane. Questa terra non beverà più il sangue de’ figli suoi: la guerra non strazierà più colla sua spada questo suolo fecondo; non più vi schiacciera i suoi fiori sotto il piede di ferro dei nemici cavalli. Quelle file avverse di soldati, che, non ha guari, come meteore di un cielo tempestoso, tutte formate degli stessi elementi, nate tutte e nudrite della medesima sustanza, si urtavano, si mescolavano con furore, facendo l’una dell’altra terribile strazio, ormai schierate di fronte in bell’ordine s’avanzeranno concordi sulla medesima linea, nè più i fratelli sgozzeranno i fratelli. La spada della guerra non si tufferà più, come pugnale fallente il fodero, nel seno del suo signore. Ora, amici, è fino al sepolcro di Cristo che noi andremo a guidare un bellicoso esercito d’Inglesi; guerrieri arrolati sotto il santo vessillo della Croce, è al servizio di Lui che consacrate abbiamo le nostre armi: è per Lui solo che dovremo combattere. Sì, l’Inglese è nato per cacciar l’infedele dalle sante pianure, che toccarono quei piedi divini, che per nostra salute furono, son già quattordici secoli, confitti in croce. Questo nobile disegno è concetto da un anno, e sarebbe superfluo il