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NOTA
«Shakespeare ne dipinge nel Riccardo II un’anima nobile che avea incominciato ad abbandonarsi agli errori di una gioventù sfrenata, ma che viene detersa dalle sciagure, ed è adorna anche in questa vita di uno splendore immortale. Quando l’infelice Riccardo, dopo che ha perduto l’amore e il rispetto de’ suoi sudditi, si vede in procinto di essere sbalzato dal trono, il pensiero dell’alta missione de’ re sveglia nell’animo suo affetti ardenti, sublimi, e insieme dolorosi. Con una eloquenza inspirata, direbbesi dal Cielo, esprime l’idea che egli si forma del carattere augusto, indelebile, superiore all’incostanza delle umane istituzioni, ch’è stato impresso a’ sovrani. Allorchè la corona terrestre è caduta dal suo capo, si mostra veramente re, e la sua naturale dignità respinge ogni bruttura. Tale è l’impressione che produce in un povero palafreniere, il solo fra tutti i suoi sudditi che vada a visitarlo nella sua prigione. Quell’uomo esprime lo sdegno in lui suscitato dall’avere veduto Bolingbroke, nella marcia solenne per l’incoronazione, montare il destriero prediletto dell’antico suo signore. La serie degli avvenimenti politici, che cagionano la degradazione di Riccardo, è dipinta con meravigliosa cognizione del mondo. Vedesi la marca del favore che ritirandosi dall’una parte, e impetuosamente rivolgendosi all’altra, seco trascina tutto ciò che la pone ostacolo. Parimente si vede Bolingbroke che già impera qual re, e che è trattato come tale dai suoi fautori, mentre vuol far credere ancora di non esser giunto fuorchè per sostenere, armata mano, il suo diritto d’eredità, e riformare gli abusi. Ma da lungo tempo è consumata l’usurpazione, senza che pronunziato ne sia il nome, e che la cosa sia palesemente riconosciuta. Il vecchio Giovanni di Gaunt è un modello di lealtà cavalleresca: egli ha l’aspetto di un monumento de’ tempi antichi a’ quali è sopravvissuto. Suo figlio Enrico IV, la cui indole è mirabilmente espressa nei tre drammi in cui ha parte, non gli somiglia in guisa alcuna. Egli si mostra con quella mescolanza di durezza, di moderazione e di sagacità che giovò maravigliosamente a francheggiarlo sopra un trono usurpato, ma spoglio d’ogni schiettezza, d’ogni moto generoso, e tale insomma qual bisognava che fosse, perchè nessuno potesse affezionarsi al governo di lui, e nascesse quasi desiderio dello sventurato Riccardo».
(Schlegel, Cors. di Lett. Dramm.)