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atto secondo 39

l’inclemenza dei cieli. Terrommi a modello que’ mendichi fuggiti dagli ospizi della follia, che innalzando selvagge grida, immergono nelle loro intirizzite braccia, e nelle loro carni piene di cicatrici, chiodi, spille, dumi, e rami di rosmarino; e in così orribile aspetto escono da miserabili poderi, da capanne a metà diroccate, da parchi, da stalle e da mulini, e vengono sulla pubblica via, per far violenza alla pigra carità ora colle preghiere, ora con lunatiche imprecazioni. — Il povero Turlygood! il povero Tom!1 Tale essendo, sarò ancora qualche cosa; rimanendomi Edgardo, sarei nulla in breve.     (esce)

SCENA IV.

Dinanzi al castello di Glocester.

Entrano Lear, il Buffone e un Gentiluomo.

Lear. È strano che siano così partiti dal loro castello, senza neppur rimandarmi il mio messaggiere!

Gent. So nullameno che la notte scorsa non avevano alcun disegno d’uscirne.

Kent. (dal luogo in cui è incatenato). Salute a te, nobile signore!

Lear. Come! fai tu di tal vergogna un sollazzo?

Kent. No, milord.

Buff. Ah! guarda! porta aspre giarrettiere! I cavalli sono legati per la testa; i cani e gli orsi pel collo; le scimmie pei lombi; e gli uomini per le gambe: quando un uomo è troppo vigoroso nelle gambe, gli si pongono di siffatte allacciature.

Lear. Chi è colui che tanto sconobbe il carattere che rivestivi per porti qui?

Kent. Entrambi furono il vostro figlio e la vostra figlia.

Lear. No.

Kent. Sì.

Lear. No, dico.

Kent. Io dico di sì.

  1. Turlygood o Turlupin. Nel quattordicesimo secolo comparve una nuora specie di vagabondi stregoni, chiamati Turlupini; confraternita di mendichi pressochè ignudi, che infestarono l’Europa. Roma li condannò come eretici, ve n’ebbe qualcuno bruciato vivo in Parigi. Era una pazza frotta di miserabili cinici. (Warburton)
    Turlupin Cynicorum sectam suscitantes, de auditate pudendorum, et publico coitu. (Genebrard)