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atto quarto 125


Boling. Vada qualcuno di voi a prenderlo.

(esce uno del seguito)

Nort. Intanto leggete questo scritto.

Ricc. Demonio, tu mi cruci anzichè io venga all’inferno.

Boling. Non lo eccitate di più, signore di Northumberland.

Nort. Senza tal formola i Comuni non saranno paghi.

Ricc. Lo saranno. Leggerò abbastanza allorchè vedrò il libro vivo, in cui stanno scritti tutti i miei peccati. Tal libro sono io stesso: (rientra l’uomo del seguito collo specchio) datemi quel cristallo, in cui scernerò bene. — (si guarda) Oh! queste rughe non si sono di più profondate? Il dolore che ha confitti tanti colpi su questo volto, non vi ha lasciate orme più più visibili? Oh specchio, tu mi aduli, come mi adulavano i miei cortigiani nei giorni della mia prosperità; tu mi inganni! — È questa quella fronte la di cui maestà teneva ogni giorno, sotto i dorati tetti dei suoi palagi, più di diecimila soggetti, attenti a’ suoi ordini; e che, come sole, feriva del suo splendore la vista di coloro che la contemplavano? È questo il volto che si è prestato a tante follie e che è stato alfine ecclissato dalla stella di Bolingbroke? Quanto fragile è la gloria che ride su questo volto; (getta in terra lo specchio) e fragile come la sua gloria è il volto stesso che andò in mille brani. Nota, re, che ti stai silenzioso, la moralità di questo atto. — Con qual rapidità il mio dolore ha distrutto il mio volto!

Boling. L’ombra del vostro dolore ha distrutta l’ombra del vostro volto.

Ricc. Ditelo di nuovo. L’ombra del mio dolore? Vediamo. — Sì, è vero, il mio dolore è anche intero al di dentro di me; e queste esterne mostre non sono che imagini di mali invisibili che cruciano in silenzio la mia anima. In essa siede veracemente il dolore, e della tua somma bontà, o re, ti ringrazio, perocchè non solo mi dai motivo di gemere, ma mi insegni anche il modo con cui debbo rammaricarmi. Io non vi chiederò più che una grazia, e poscia me ne andrò. L’otterrò io?

Boling. Chiedetela, gentil cugino.

Ricc. Gentil cugino? Ah, ora son maggiore dei re: perocchè quand’ero re i miei adulatori non erano che sudditi; ora che son suddito ho per adulatore un sovrano. Essendo quindi sì grande, non ho bisogno di chiedere.

Boling. Nondimeno chiedete.

Ricc. Ed otterrò?

Boling. Otterrete.

Ricc. Allora datemi la licenza di andarmene.