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atto quarto 123

volte: omaggio e rispetto al re? È così che Giuda salutava Gesù; ma egli fra dodici discepoli non ne trovò che uno malvagio; io in dodici mila uno non ne trovo che mi gridi letizia! Alcuno che dica: così sia! A me dunque conviene essere il sacerdote e il chierico che canta e risponde? — Sia: e dame medesimo venga l’Amen. Dio conservi il re! Quantunque io non sia più re, dicasi: così sia; e questo sancisca il Cielo, se il Cielo vede in me ancora un sovrano. — Per quale oggetto venni io qui condotto?

York. Per compiere la vostra libera volontà; per esprimere l’offerta che Vostra Maestà, stanca del trono, ha fatta ella stessa; la cessione della vostra, grandezza e della vostra corona a Enrico Bolingbroke.

Ricc. Datemi la corona. — Prendete, cugino, prendetela. La mia mano la tiene da questa parte; la vostra la tenga dall’altra. Ora questa corona d’oro somiglia a un profondo pozzo, al disopra del quale stanno sospesi due secchi che si riempiono l’uno col moto dell’altro. Il secchio vuoto scorre per l’aere; l’altro sta in fondo invisibile e pieno di acqua. Quest’ultimo riboccante di lagrime sono io, che sommerso stommi ne’ miei dolori, intantochè voi vi alzate verso la cima.

Boling. Avevo creduto che abdicaste di buon grado.

Ricc. La mia corona, sì; ma i miei dolori mi rimangono sempre; voi potete togliermi gli onori e le grandezze, ma non i dolori: di questi rimango sempre re.

Boling. Una parte me ne trasmettete, cedendomi la corona.

Ricc. Le cure che vi assumete non mi tolgono le mie. La cagione de’ miei sospiri è la perdita delle cure alle quali l’abitudine mi aveva avvezzo; e la cagione dei vostri sono le cure nuove che si aggravano su di voi. Le inquietudini che cedo mi restano anche dopo averle cedute; e sebben seguano la corona, non però mi abbandonano.

Boling. Non è di buona voglia che rinunciate alla corona?

Ricc. Sì, e no. Sì, perchè vi sono astretto. No, perchè è a te che la cedo. — Ora ascoltatemi, che vuo’ porre a nudo me stesso. Io libero il mio capo di questo grave diadema, e il mio braccio dal fardello di questo scettro: strappo dal mio cuore l’orgoglio dei re e le care gioie del comando; cancello, colle mie lagrime, il sacro carattere che mi impresse l’unzione santa; rigetto la mia corona dalla mia mano; abiuro colla mia bocca la mia grandezza; sciolgo tutti i miei sudditi dai loro giuramenti; rinunzio alla pompa e alla maestà regale; anniento tutti i miei atti di sovranità, tutti i miei decreti e tutte le mie leggi. Iddio perdoni i voti