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atto quarto 121

per me, come è vero che Aumerle è colpevole di quello ch’io gli rimprovero: inoltre udii dire a Norfolk bandito, che fosti tu, Aumerle, che mandasti due dei tuoi sgherri per assassinare il nobile duca a Calais.

Aum. Qualche anima onesta mi presti un altro guanto da gettare, onde provare che mente anche Norfolk. Se Norfolk dovesse ritornare, egli sia tenuto a difendere il suo onore.

Boling. Tutte queste sfide resteranno sospese, fino alla venuta di quel duca: ei sarà richiamato, e sebbene mi sia nemico, verrà rimesso nei suoi domimi, e giustificherà il suo onore contro di Aumerle.

Ves. Non mai si vedrà quel giorno glorioso. — Il bandito Norfolk ha combattuto cento volte pel Redentore: lungo tempo ha portato nei campi dei cristiani lo stendardo della croce, contro i Mori, i Turchi e i Saraceni; finchè, stanco delle sue opere guerriere, si è ritirato in Italia, e là nella bella Venezia ha reso il suo capo alla terra, la pura sua anima a Gesù Cristo suo Signore, sotto i cui vessilli aveva per tanto tempo militato.

Boling. Che! Vescovo, è morto Norfolk?

Ves. Sì, come è vero ch’io vivo, signore.

Boling. Una pace lieta guidi la sua anima nel seno del buon vecchio Abramo! — Signori, le vostre sfide resteranno sospese fino a che vi assegniamo il giorno di compierle.

(entra York con seguito)

York. Gran duca di Lancastro, vengo a te per parte dello sfortunato Riccardo, che, caduto in tanta costernazione, ti nomina suo erede di buon animo, e cede suo illustre scettro alle tue mani regie. Ascendi al suo trono da cui egli è ora disceso, e una lunga vita arrida ad Enrico quarto.

Boling. In nome di Dio io occuperò il seggio regale.

Ves. Iddio nol voglia! — Quello che oserò dire alla vostra augusta presenza, potrà increscervi: ma la parte che meglio mi si addice è quella della verità. Se Dio volesse che vi fosse in questa illustre assemblea un uomo abbastanza grande, per divenir giudice legittimo del nobile Riccardo, la sua elevazione stessa, e una vera nobiltà gli insegnerebbero ad astenersi da una ingiustizia sì rea. Qual suddito può pronunziare la condanna del proprio re? E chi fra di quelli che siedono qui non è soggetto di Riccardo? I ladri non sono mai condannati, senza essere intesi, per quanto evidente sia l’apparenza del loro delitto; e l’imagine della Maestà di Dio, il suo rappresentante sopra la terra, il suo augusto luogotenente, eletto coronato, consacrato e possessore