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atto secondo | 37 |
Kent. Signore, in buona verità, in sincera verità, col beneplacito di Vostra Grandezza, la cui influenza, come l’infuocata ghirlanda che irraggia dalla fronte del lucido Febo...
Corn. Che intendi con ciò?
Kent. Cambiar stile, poichè il mio vi offende. Io so, signore, di non essere un adulatore; e quegli che vi ha ingannato con un discorso in apparenza pieno di lealtà, era un manifesto scellerato; ciò ch’io non sarò, quand’anche dovessi incorrerà nella vostra disgrazia.
Corn. Qual fu l’offesa che tu gli facesti?
Magg. Nessuna, signore. Piacque al re suo padrone, non ha molto, interpretando male le mie parole, di percuotermi; costui, per piaggiare al suo sdegno, a lui si congiunse, e mi atterrò, m’insultò, mi schernì, e n’ebbe lodi dal principe. — Oh! se il re non fosse stato presente, certo non sarei rimasto vinto; nè oggi quest’uomo superbo per le sue prodezze avrebbe qui osato sguainar la spada.
Kent. Non ve n’ha alcuno fra questi abbietti codardi che non voglia sembrare valoroso come Aiace.
Corn. Olà! si rechino i ceppi. Tu vecchio scellerato, tu stolto millantatore, io vuo’ che apprendi.....
Kent. Signore, sono troppo vecchio per apprendere; non fate recar ceppi per me. Il re io servo, ed è un mostrare poca riverenza per la sua augusta persona il condannare con tanta alacrità il suo ambasciatore.
Corn. Recate i ferri. Come è vero che ho vita e onore, tu starai coi ferri fino al mezzodì.
Reg. Fino al mezzodì! fino a notte, signore, e tutta la notte anche.
Kent. Perchè madonna? Se io fossi un dei cani di vostro padre, non mi trattereste così.
Reg. Ma essendo tu uno dei suoi ribaldi, così voglio che sii trattato. (vengono recati i ceppi)
Corn. Costui è certamente quel malandrino, di cui ci parlò nostra sorella. — Su, su, ai ceppi.
Gloc. Permettetemi di scongiurare Vostra Grazia di non voler ciò. Il suo fallo è grande, certo, e il buon re suo signore saprà punirlo severamente; ma la pena che gl’infliggete è infame, e Sua Maestà s’offenderà vedendosi così insultato, disprezzato nella persona del suo ambasciatore. Perdonarvi non potrà d’averlo posto in catene.
Cor. Risponderò io di ciò.