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ATTO TERZO
SCENA I.
Il campo di Bolingbroke a Bristol.
Boling. Fate avvicinare coloro. — Bushy e Green, io non vuo’ cruciare le vostre anime (che fra un istante saranno separate dai loro corpi) rimproverandovi troppo i delitti della vostra vita: in ciò non sarebbe carità. Nondimeno, per assolvere le mie mani dall’effusione del vostro sangue, esporrò qui, dinanzi a testimoni, alcune delle cagioni della vostra morte. Voi avete pervertito un principe, un degno re, nato di un sangue generoso, dotato di un generoso volto, per voi fatto vile e quasi irriconoscibile. Voi avete, associandolo in qualche modo alle vostre orgie, cagionato il divorzio fra lui e la regina, a cui avete tolto il letto regale, la cui bellezza avete offuscata colle lagrime che le vostre ingiurie atroci le han fatto versare. — Io stesso, principe per fortuna e per nascita, affine al re per vincoli di sangue e di amore, io stesso mi sono veduto oppresso e vittima del vostro odio; e nato inglese, mi è convenuto respirare aria straniera, mangiando il pane amaro dell’esilio, intanto che voi vi impinguavate sulle mie terre, atterravate i cancelli dei miei parchi, spogliando i miei alberi di frutti, togliendo dalle mie finestre i miei stemmi gentilizi, non lasciando verun indizio che provar potesse che son nato nobile. Per simili iniquità e per molte altre, siete condannati alla morte. — Consegnateli (agli ufficiali) ai carnefici onde facciano loro subire la condanna.
Bus. Il colpo di morte è men fatale per me, che non lo sia Bolingbroke all’Inghilterra. — Signori, addio.
Green. Quello che mi racconsola è che il Cielo accoglierà le nostre anime, e punirà l’ingiustizia con castighi eterni.
Boling. Signore di Northumberland, vegliate alla loro esecuzione. (esce Nort. coi prigionieri) Zio, non diceste voi che la regina stava nel vostro castello? In nome del Cielo, abbiate cura che vi sia ben trattata: ditele che le invio l’assicurazione del mio