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atto secondo | 101 |
Nort. Ecco i signori di Ross e di Willoughby, cogli speroni insanguinati e rossi pel celere corso.
Boling. Siate i benvenuti, signori. So che la vostra amicizia segue i passi di un bandito traditore; ma i miei tesori prodigano ora grazie inutili, e solo quando la mia riconoscenza sarà più ricca saprà ricompensare il vostro amore e i vostri disagi.
Ross. La vostra presenza ci fa doviziosissimi, nobile signore.
Will. E ci paga con usura dei nostri patimenti.
Boling. Ricevete altri ringraziamenti, sola ricchezza del povero, e di cui per ora posso unicamente disporre. Ma chi viene? (entra Berkley) Nort. Lord Berkley, se non erro.
Berk. Milord di Hereford, il mio messaggio s’indirizza a voi.
Boling. Milord, io non rispondo che al nome di Lancastro, e di tal nome venni in traccia in Inghilterra. Convien ch’io lo trovi nella vostra bocca prima di darvi ascolto.
Berk. Non interpretate male le mie parole, signore; non è mia intenzione il togliervi alcuno dei vostri titoli di onore. È verso di voi, coi nomi che vorrete, che vengo per parte del primo lord di questo regno, per parte del duca di York che vi chiede qual cosa vi induca a prevalervi dell’assenza del re per atterrire la nostra patria, con armi tratte dal suo seno. (entra York, con seguito)
Boling. Non avrò bisogno di trasmettere la mia risposta col vostro mezzo: ecco Sua Grazia in persona. — Mio nobile zio! (inginocchiandosi)
York. Mostrami un cuor umile e sommesso, prima che ginocchia pieghevoli, il cui rispetto è mendace e ingannatore.
Boling. Mio grazioso zio!.....
York. Taciti, taciti! Non mi dare il titolo di Grazia, nè quello di zio: io non sono zio di un traditore, e l’altro appellativo è profanato dalla tua bocca colpevole. Di’, perchè i piedi di un bandito, di un proscritto osarono toccare questa terra? Di’, come ardirono traversare lo spazio di tante miglia sul suo pacifico seno, e spaventare le capanne cogli apparecchi di guerra, e collo spettacolo minaccioso di queste armi ch’io disprezzo? Approdasti tu qui forse, perchè il re legittimo, consacrato sugli altari, ne era assente? Sai tu, giovine insensato, che il re risiede qui ancora nella mia persona, e che la sua autorità è posta in me? Ah! s’io avessi ancora la mia bollente giovinezza, come nel tempo in cui il generoso tuo padre Gaunt ed io salvammo il principe Nero, quel giovine Marte, dalle schiere dei Francesi che lo avvilup-