Pagina:Rusconi - Teatro completo di Shakspeare, 1858, III-IV.djvu/457

98 vita e morte del re riccardo ii

rebbe tutti i vincoli della vita, se questa falsa Dea non si frapponesse.     (entra York)

Green. Si avanza il duca di York.

Reg. Coll’armatura di guerra sulle sue vecchie spalle. Oh pieni di cure sono i suoi sguardi! — Zio, per amor del Cielo, ditene parole confortevoli.

York. Lo farei, se volessi tradire i miei pensieri. Ma le consolazioni sono nel Cielo, e in questo mondo non si trovano che croci, pene ed affanni. Il vostro sposo va per sanar mali lontani, intantochè i nemici assalgono i suoi lari; e son io che ha lasciato in difesa del suo regno, io che, acciaccato dall’età, reggo a mala pena me stesso. Eccola giunta l’ora della crise che egli stesso invocò; ed è ora che conoscerà se i suoi adulatori gli sono amici.

(entra un domestico)

Dom. Signore, vostro figlio era partito prima che io arrivassi.

York. Partito? perchè ciò?... Ebbene, vada tutto a libito della sorte. I nobili han disertato: il popolo è malcontento, e temo non si ribelli in favore di Hereford. — Va a Plashy (al dom.) e cercavi mia sorella Glocester, onde mi mandi tosto mille lire sterline! Tieni, eccoti il mio anello.

Dom. Signore, aveva dimenticato di dirvi che passai di là oggi e richiesi di essa;... ma vi affliggerei riportandovi il resto.

York. Che! miserabile?

Dom. Un’ora prima del mio arrivo la duchessa spirò.

York. Iddio ci commiseri! Qual nembo di mali infierisce a un tratto su questo misero regno! Non so a qual partito attenermi. — Vorrei, ne attesto il Cielo, vorrei, senza nondimeno averlo meritato, che il re mi avesse fatto uccidere insieme con mio fratello. — Partirono i dispacci diretti in Irlanda? — Come troveremo noi danaro per sussidiare questa guerra? Venite, sorella... (alla Reg.) cugina, volevo dire; prego, perdonatemi. — Va, (al dom.) torna al castello, e recami quell’armatura che vi troverai. — (esce il dom.) Signori, vi piace di radunar l’esercito? Se so come svolgere questa matassa che mi è stata gettata fra le mani tutta impacciata, non mi credete mai più. — Entrambi sono i miei più prossimi parenti. — L’uno mi è sovrano, e il mio giuramento e il dover mio m’impongono di difenderlo. L’altro mi è cugino e oltraggiato ingiustamente dal re, onde ad esso la mia coscienza e i vincoli del sangue mi ordinano di fare giustizia. — Convien nullameno scegliere un partito. — Venite, cugina, vi porrò in luogo sicuro. — Voi ite a raccogliere l’esercito, e raggiungetemi senza dimore a Berkley. Vorrei poter andare a Plashy, ma il tempo