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atto secondo | 97 |
altro motivo di piangere: se altro vedete, sarà coll’occhio ingannatore della sventura che accumula coi guai reali i guai imaginarii.
Reg. Così può essere, ma il mio cuore mi dice l’opposto, e, larva o verità, non so astenermi dalla malinconia; la mia anima soccombe sotto il peso di invisibili cose.
Bus. Non è, signora, che un inganno della vostra mente.
Reg. È meno ancora: imperocchè l’imaginazione non va soggetta a tali prestigii, che sotto l’influenza di qualche dolore anteriore di cui sono scevra. Qual è il male avvenire che già mi affligge? Ciò ignoro: è una sventura che non posso nè nominare, nè definire. (entra Green)
Green. Dio salvi Vostra Maestà! — Son lieto, signori, di trovarvi. Spero che il re non si sia ancora partito per l’Irlanda.
Reg. Perchè speri ciò? È ben meglio sperare che lo abbia fatto; perocchè i suoi disegni esigono celerità, ed è sulla celerità che si fondano le nostre speranze. Perchè dunque speri tu che ei non sia partito?
Green. Perchè allora avrebbe potuto richiamar indietro l’esercito, e avrebbe potuto annullare le speranze di un nemico che ebbe l’audacia di approdare in questo regno. Il bandito Bolingbroke rivocò da se medesimo il proprio esilio; e venne senza resistenza e colle armi in mano fino a Ravensburg.
Reg. Iddio noi voglia!
Green. Oh signora, non è che troppo vero, e vi ha di più doloroso ancora che lord Northumberland, il suo giovine figlio Enrico Percy, i signori Ross, Beaumont e Willoughby son corsi a schierarsi dal suo lato con tutti gli amici potenti che avevano.
Bus. Perchè non gridaste traditori Northumberland e tutti gli altri?
Green. Lo abbiamo fatto: e il conte di Worcester ha tosto rotto il suo bastone e rinunziato alle sue dignità per andare con tutti gli altri ufficiali della casa del re da Bolingbroke.
Reg. Così, Green, sei tu che mi hai aiutata a porre in luce la sventura ignota di cui ero incinta, e Bolingbroke è il doloroso pargolo che ne è nato. La mia anima alfine ha partorito il mostro che mi straziava il seno; ed ora, come mesta puerpera, veggo sventura sopra sventura e dolore sopra dolore.
Bus. Non vogliate disperarvi, signora.
Reg. Chi me ne impedirà? Io do in disperazione, e odio come nemica la perfida speranza: essa altro non è che un’adulatrice parassita, una allontanatrice di morte che gentilmente scioglie-