Pagina:Rusconi - Teatro completo di Shakspeare, 1858, III-IV.djvu/45

34 il re lear

in avvenire sarete fra gli intimi della nostra corte. Mi occorrono uomini della vostra tempra, in cui porre si possa tutta la fiducia; e dispongo di voi.

Edm. Signore, potete far assegnamento in ogni circostanza sulla mia fedeltà.

Gloc. Ringrazio per lui Vostra Altezza.

Corn. Voi non sapete per qual motivo siam qui venuti?

Reg. In tale ora straordinaria, e fra le più dense tenebre della notte? — Nobile duca, sonovi bisogne di grave importanza intorno alle quali c’è mestieri di consultarvi. Nostro padre ne ha scritto, e nostra sorella pure, sopra certe controversie che hanno avuto luogo fra di loro, e credemmo opportuno il dare ad essi risposta lungi dalla nostra casa. I loro messaggieri aspettano i nostri dispacci. Orsù, mio vecchio e buon amico, non rigettate ogni consolazione. Nel negozio che ci occupa aiutatene col vostro consiglio: esso ci è necessario, e i momenti sono preziosi.

Gloc. Signora, valetevi di me. Le Altezze Vostre sono qui le ben venute. (escono)

SCENA II.

Innanzi al castello di Glocester.

Entrano Kent e il Maggiordomo da diverse parti.

Magg. Buona, sera, amico: sei della casa?

Kent. Sì.

Magg. Dove potrem mettere i nostri cavalli?

Kent. Nel pantano.

Magg. Pregoti, se mi ami, dimmelo.

Kent. Io non ti amo.

Magg. Vattene dunque; ch’io non ti curo.

Kent. Se fossi meco nel parco di Lipsbury, vorrei che tu mi avessi in considerazione.

Magg. Perchè adoperi così con me? Io non ti conosco.

Kent. Ti conosco io.

Magg. E in qual conto mi hai tu?

Kent. Di un ribaldo, di un vile, di uno stolto, nato in bassezza, figlio d’obbrobrio, indegno piaggiatore, infame schiavo, che, come il cane, finge dormire per avventarsi a tradimento sul suo signore. Tu riunisci nella tua persona il malandrino, il reprobo e il codardo, ch’io farò gridar sotto i colpi del bastone,