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90 | vita e morte del re riccardo ii |
fate opera di condurre quegli che vuole da se stesso scegliere proprio cammino. A voi non rimane che un soffio e lo getterete invano!
Gaunt. Non so, ma parmi di sentire in me uno spirito profetico; ed ecco quello che la moribonda mia voce predice a questo re: la foga della sua giovinezza e il suo strano innalzamento non possono a lungo durare; perocchè i fuochi troppo violenti, da loro stessi si consumano: le dolci pioggie continuano buon’ora, ma le tempeste subitanee passano veloci. Il cavaliere che da principio immerge troppo addentro gli speroni nel fianco del suo corridore, dopo breve lo ha stanco: l’alimento che accumula e trangugia la fame, uccide, anzichè nutrire: il lusso insensato, come insaziabile avoltoio, comincia dall’inghiottire la propria sussistenza, e finisce col divorare se medesimo. — Dio! questo trono dei re, quest’isola fatta per dominare, questa terra di maestà, questo seggio di Marte, paese fortunato, rivale dell’antico Eden; questa cittadella eretta dalla natura stessa che vi si è ricoverata contro la peste e la guerra; questo piccolo mondo popolato da felici generazioni, racchiuso come diamante prezioso in un mar d’argento, che, quasi baloardo, lo cinge e lo difende dalle gelosie di meno liete contrade; questo suolo benedetto dal Cielo, questo florido regno, questa Inghilterra nudrice, il di cui seno fecondo alimenta re formidabili per schiatta, illustri per natali e per gesti guerrieri in onore della cristianità e della cavalleria, la di cui fama si estende fino alla cieca e ribelle Giudea, fino a quei luoghi santi in cui sta la tomba del Figlio di Maria, riscatto dell’universo; questa tenera e cara patria, è ora..... (ah! muoio dicendolo) vergognosamente noleggiata, come un podere o una miserabile casipola! L’Inghilterra, cinta da un mar vittorioso, le cui prode irte di scogli rendon vano ogni attentato del geloso Nettuno, vedesi ora coperta di obbrobrio, macchiata da turpi contratti, e schiava di vili usurai. Quest’Inghilterra che soleva vincere le altre nazioni, è rimasta da se stessa vinta, e si è venduta all’ignominia. Ah, se sì vergognosa servitù dovesse finir colla mia vita, quanto sarei lieto di morire! (entrano il re Riccardo e la Regina; Aumerle, Bushy, Green, Bagot, Ross e Willoughby)
York. Ecco il re. (a Gaunt.) Usate clemenza alla sua giovinezza: chè la giovinezza, allorchè si irrita, va fino al furore.
Reg. Come sta il nostro amato zio, il nobile Lancastro?
Ricc. Ebbene, quali speranze? Come sta il vecchio Gaunt?
Gaunt. Oh! questo nome non convien che troppo al mio