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ATTO SECONDO
SCENA I.
Londra. — Una stanza nella casa di Ely.
Gaunt sopra un letto, il duca di York e altri che lo assistono.
Gaunt. Verrà il re? potrò io, col mio ultimo sospiro, dare anche un consiglio salutare alla sua inconsiderata giovinezza?
York. Cessate di angosciarvi, e non affaticate con tale sforzo la vostra voce moribonda; poichè è invano che i saggi consigli giungono al suo orecchio.
Gaunt. Oh, ma e’ dicono, che v’è nella voce dei morienti una specie di fascino che cattiva l’attenzione; e che gli accenti dell’uomo che sta per estinguersi, son più ascoltati di quelli di lui che, pieno di vigoria e di salute, prodiga a piacer suo le adulazioni. La verità esce dalla bocca dell’uomo che soffre: e nel corso della vita è il fine che viene vieppiù osservato, come maggior attenzione si porge al sole nel suo tramonto; maggiore agli ultimi suoni di un concento che finisce; e più lunga rimane nella memoria la sensazione dell’ultimo boccone di una vivanda piacevole, che di quelli che lo precedettero. Sebbene Riccardo siasi rifiutato ad udire i miei consigli durante la mia vita, forse i tristi suoni della mia voce spirante varranno a farsi via nel suo orecchio di ferro.
York. Il suo orecchio è allettato ogni ora dai suoni adulatori della lode, che gli parla incessante della sua grandezza e della sua potenza. La sua corte è inondata dai compagni delle sue libidini, le cui voci la gioventù è avida sempre di raccogliere. Continuamente gli si favella delle mode della superba Italia, dietro cui striscia il nostro popolo, imitatore malaccorto e mal destro, che per una vergognosa manìa si foggia, storpiandoli, sui costumi forestieri. Dacchè apparisce una frivolezza nel mondo, non vale ch’essa sia vile, purchè sia nuova, si corre tosto a intronarne l’orecchio del re. Tutti i saggi consigli giungono troppo tardi allorchè la volontà si ribella contro i precetti della ragione. Non