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atto primo | 83 |
qualche angoscia a proferirla. Le ore che per te scorreranno lentamente non ti mostreranno mai i limiti del tuo triste bando. Questa parola che non lascia alcuna speranza, non ritornare mai più, la pronunzio contro di te, sotto pena della tua vita.
Norf. Dura sentenza, mio augusto sovrano, e ben imprevista per me! Ho meritato da Vostra Maestà giudicio più mite che nol sia tal cacciata crudele, lungi dalla mia patria, nel vuoto comune dell’aere. Ora mi è forza obliare l’idioma della mia terra, che appresi dalla culla e parlai per quarant’anni! La mia lingua sarà omai per me un organo così inutile, come lo è l’arpa senza corde racchiusa nella sua custodia, o posta fra le mani di un uomo che ne ignora i concenti e l’armonia. Voi avete imprigionata nella mia bocca la mia lingua, racchiusa dalla doppia barriera dei miei denti e delle mie labbra, e la stolta, insensata e sterile ignoranza è il carceriere che deve guardarmi. Io sono troppo vecchio per accarezzare una seconda nudrice e divenire di nuovo discepolo. La vostra sentenza, togliendomi la favella, mi condanna a un silenzio che consuona colla morte.
Ricc. Ti duoli invano: dopo il nostro decreto il lamento vien troppo tardi.
Norf. Così dunque mi parto e mi allontano dalla luce del mio paese, per immergermi fra le tenebre di una notte eterna. (ritirandosi)
Ricc. Fermatevi un istante ancora e fate innanzi a noi un giuramento: toccate la nostra spada colle vostre mani proscritte, e rotatevi per l’obbedienza che dovete al Cielo (perocchè quella che a noi dovete noi l’abiuriamo esiliandovi) di osservare il sacramento che vi facciamo proferire. — Giurate, (così vi aiutino il Cielo e l’onestà) che non mai nel vostro esilio ritornerete amici; che non mai que’ foschi sguardi con cui vi minacciate si addolciranno; che non mai, nè per lettere, nè per parole, dopo la manifestazione sinistra del vostro odio nato nella vostra patria, vi ricomporrete; che non mai vi riunirete onde tramare contro di noi, contro i nostri sudditi e il nostro regno.
Boling. Lo giuro.
Norf. Io ancora osserverò ciò che prescrivete.
Boling. Norfolk, fin qui io t’ho parlato come nemico, e fra poco, se il re ce lo avesse permesso, una delle nostre anime sarebbe volata in Cielo, bandita da questa fragile prigione di carne, come il nostro corpo è adesso bandito da questo paese: ma poichè ti tocca fuggir da questo regno, e ti rimane tanta via da percorrere, non recar con te il desolante carico di una coscienza lorda, e confessa i tuoi tradimenti.