Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
64 | il re giovanni |
Ub. Oh! io erravo qui in seno alle tenebre per cercarti.
Fil. In breve dunque: quali novelle?
Ub. Mio dolce signore, novelle conformi a questa notte, nere, tremende, sconfortatrici, orribili.
Fil. Mostrami senza velo tutto il loro orrore: non sono una donna e non verrò meno.
Ub. Il re, temo, fu avvelenato. Lo lasciai quasi senza lena, e corsi per istruirvi di questa disavventura, onde possiate in sì subita crise prender temperamenti efficaci.
Fil. E come ebbe egli il veleno? Chi ne assaggiò prima di lui?
Ub. Uno scellerato, un tenebroso scellerato, il di cui cuore scoppiò tosto. Nullameno il re parla ancora e forse può riaversi.
Fil. Chi lasciasti per attendere a Sua Maestà?
Ub. Nol sapete? I lôrdi son ritornati accompagnati dal principe Enrico, a di cui intercessione ebbero perdono: ora stan tutti intorno al monarca.
Fil. Cielo onnipossente, sospendi il tuo corruccio, e non opprimerne con maggior numero di mali, che la nostra pazienza non possa sopportare! — Ti dirò, Uberto, che questa notte la metà del mio esercito, varcando i paduli, fu sorpreso dal riflusso, e le sabbie limacciose di Lincoln se l’hanno ingoiato. Io stesso, in onta del vigore del mio destriero, faticai molto a salvarmi. — Precedimi; conducimi dal re; temo ch’ei non sia morto prima ch’io vi giunga. (escono)
SCENA VII.
Gli orti dell’abbadia di Swinstend.
Entrano il principe Enrico, Salisbury e Bigot.
Enr. È troppo tardi: il sangue e la vita sono avvelenati in tutte le loro sorgenti, e il cervello, in cui alcuni pongono il seggio dell’anima, annunzia col vano delirio che la sua fine è prossima. (entra Pembroke)
Pem. Sua Altezza conserva ancora l’uso della parola; ei crede che, se lo si conducesse all’aria aperta, la freschezza di essa calmerebbe i fuochi avvampanti del veleno crudele che lo strazia.
Enr. Ebbene, si rechi qui in questi orti — (esce Bigot) La sua frenesia dura ella ancora?
Pem. È più placido di quando lo lasciaste: dianzi cantò.
Enr. Oh sintomi vani e ingannatori! I mali, allorchè divengono estremi, non son più sentiti: la morte, dopo aver manomesso il