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60 il re giovanni

le vostre figlie dal volto delicato s’avanzano, quasi novelle Amazzoni, e marciano con piè leggiero al suono dei tamburi; esse hanno mutate le loro conocchie in guanti di guerra, i loro aghi in lande; e il loro tenero cuore si è riempito di un furore marziale e implacabile.

Luig. Cessa dalle tue iattanze, e ritornatene in pace dal tuo re: in parole insultatici ci sarai sempre superiore. Partiti; il nostro tempo è troppo prezioso per isperderlo in dispute con un uomo quale tu sei.

Fand. Permettetemi di parlare.

Fil. No, a me si aspetta.

Luig. Noi non ascolteremo nè l’uno, nè l’altro. I tamburi suonino la marcia, e la voce della guerra perori la nostre causa, e giustifichi la nostra invasione.

Fil. Sì, senza dubbio, i vostri tamburi ove battuti renderà qualche suono, e di voi pure si udiranno le grida, quando sarete battuti. Il suono d’un solo dei vostri tamburi risvegli un eco e ne udirete tosto un altro rispondergli con voce egualmente forte; un secondo allora seguirà se qualcuno lo provoca, e farà rintronare l’atmosfera con rumore così formidabile quale lo è quello del tuono. Due passi lungi di qui sta il re Giovanni; ei non anela che alla guerra, nè si fidò del legato che striscia qui innanzi a voi; essendosi piuttosto per diporto che per bisogno impiegato un sì timido agente. Sulla di lui fronte guerriera siede la morte spaventosa, che celebrerà in questo dì un banchetto crudele, abbeverandosi nel sangue di mille Francesi sgozzati.

Luig. Battete, tamburi; andiamo in traccia dei pericoli di cui ci minaccia.

Fil. E li troverai, Delfino; non dubitarne. (escono)

SCENA III.

La stessa. — Un campo di battaglia. — Allarme.

Entrano il re Giovanni e Uberto.

Gio. Come si comporta la fortuna? Affrettati a dirmelo, Uberto.

Ub. Temo non volga in male: come sta Vostra Maestà?

Gio. La febbre che mi divora da sì luogo tempo raddoppia le sue forze e mi consuma. — Oh! il mio cuore n’è tocco. (entra un Messaggiere)

Mess. Milord, il vostro prode cugino, Faulconbridge, prega Vo-