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46 il re giovanni


Pem. Spesso l’artefice, che avendo trovato il bene, cerca il meglio, rode la sua puerizia delusa dall’eccesso della sua ambizione; spesso una colpa è aggravata dalla scusa che si allega per onestarla. Apparecchio troppo grande, posto sopra una piccola ferita, la fa credere più scabra che non sembrava quand’era scoperta.

Sal. Prima anche della vostra nuova coronazione, vi abbiamo aperto il nostro consiglio: ma non piacque a Vostra Altezza di ascoltarlo. Dopo ciò noi siamo soddisfatti, perocchè le nostre volontà debbono cedere alle vostre.

Gio. Vi ho esposto i motivi di questo secondo coronamento, e li credo efficaci; altri e più efficaci ancora ve ne dirò, a cui non potrete opporvi, vedendo com’abbiano diminuiti i miei timori. Nullameno indicate gli abusi, de’ quali chiedete riforma, e vedrete con qual cura intenderò ad appagare le vostre dimande.

Pem. Ebbene, poichè io son l’oratore di questi lordi, interprete de’ loro pensieri e de’ loro sentimenti, per me, come per essi, ma sopratutto per vostro bene, al quale siam tutti devoti, vi chieggo con istanza la libertà di Arturo. La sua prigionia eccita malcontento, e dà luogo a discorsi pericolosi: se tutto quello che voi possedete in pace, lo possedete a giusto titolo, perchè tali timori che solo si addicono alla condotta degli ingiusti? Perchè ritenete fra i ceppi un giovine principe del vostro sangue? Perchè gli fate perdere i suoi dì, sepolto in barbara ignoranza, frustrando la sua gioventù degli esercizii preziosi di quell’età? Affine che nelle presenti congiunture i vostri nemici non possano afforzarsi di tali pretesti, se pure abbian modo di farlo, noi vi chiediamo la libertà di Arturo, e questa sarà la grazia che voleste vi domandassimo. Nè a ciò ci induciamo solo per nostro interesse, ma pel vostro ancora, da cui quello di noi dipende, e che può tutelarsi solo colla liberazione del regio giovinetto.

Gio. Sia; raccomando la sua fanciullezza alle vostre cure. — (entra Uberto) Uberto, quali novelle?

Pem. (a parte con Sal. mentre il re parla sommesso ad Ub.) Quello è l’uomo a cui era stata affidata l’opera sanguinosa. Ei ne mostrò il comando a uno de’ miei amici. L’imagine di quel delitto orribile è dipinta ne’ suoi occhi: quel fosco sguardo nasconde un cuore pieno di torbidi. Temo che l’atto di cui dubitavamo non sia già consumato.

Sal. Il re muta colore ad ogni istante; quelle alterazioni del suo volto dichiarano che la sua anima è divisa fra la coscienza del suo delitto, e la brama di simularlo, in quella guisa che si al-