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atto quarto | 43 |
verranno ad ammollire la mia anima! Affrettiamoci, per tema che la mia risoluzione non dilegui con questo pianto imbelle. — Forse non sapete leggere? La scrittura non è abbastanza buona?
Art. Troppo buona, Uberto, per azione sì orribile. Oh! Voi dovete abbruciarmi gli occhi con un ferro rovente?
Ub. Fanciullo, lo debbo.
Art. E lo volete?
Ub. Lo voglio.
Art. Ne avete voi il cuore? Allorchè voi sentivate soltanto un lieve male di capo io vi cingevo la fronte col più bel velo che possedessi. Una figlia di principe l’avea tessuto per me e non mai ve l’ho richiesto. Durante la notte, la vostra testa riposava fra le mie mani; assiduo e vigilante intorno a voi, come i minuti lo sono alle ore, cercavo di alleggerirvi il peso del tempo, chiedendovi ad ogni istante: «Uberto, di che avete difetto? Dov’è il vostro male? Che posso io fare per voi? Qual servigio può rendervi la mia amicizia?» Il figlio dell’uomo più povero si sarebbe rimasto silenzioso, e non avrebbe trovato per voi una parola di tenerezza, e voi, voi avevate un principe per soccorrervi nella vostra infermità! Credete, se ciò vi piace, che il mio amore non fosse che artifizio, e consideratelo un’ipocrisia; credetelo: se è volere del Cielo che mi trattiate così crudelmente, converrà bene che lo facciate. — Oh voi mi strapperete gli occhi, questi occhi che non vi han mai guardato, che non vi guarderanno mai che per sorridervi?
Ub. Ho giurato di farlo; e conviene che ve gli abbruci con un ferro caldo.
Art. Ah! nessun uomo avrebbe mai voluto riempiere tale ufficio in secolo meno orribile di questo! Il ferro medesimo, sebbene arrossato e rovente avvicinandosi a’ miei occhi, beverebbe le mie lagrime; estinguerebbe la sua ardente rabbia nella mia sola innocenza, e poscia si consumerebbe in ruggine, pentito di aver portato il suo ardore in danno degli occhi miei. Siete dunque voi più duro, più insensibile del ferro? Oh! se un’angelo fosse venuto a dirmi che Uberto doveva abbruciarmi gli occhi, io non gli avrei creduto; non avrei creduto che ad Uberto.
Ub. Escite. (batte il piede. Rientrano i due del seguito, con corde, ferri, ecc.) Fate come io comando.
Art. Oh salvami, Uberto, salvami! I miei occhi cessano già di vedere al solo aspetto di questi uomini di sangue.
Ub. Datemi quel ferro, dico, e legatelo costà.
Art. Oimè! che bisogno avete d’impiegare tanta violenza? Io