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42 il re giovanni


ATTO QUARTO



SCENA I.

Northampton. — Una stanza nel castello.

Entra Uberto, con due del seguito.

Ub. Fate arrossare cotesti ferri, e abbiate cura di starvene dietro alle tende. Allorchè batterò il piede, correte e legate il fanciullo, che troverete con me ad una sedia ben stretto. Siate attenti al segnale. — Escite ed esplorate.

Seg. Spero che, seguendo il vostro comando, non saremo responsabili dell’opera.

Ub. Vani timori! Non pensate a nulla. Fate quel che vi dico. — (esce il Seg.) Fanciullo, vien fuori; debbo parlarti.

(entra Arturo)

Art. Buon giorno. Uberto.

Ub. Buon giorno, piccolo principe.

Art. Principe sì piccolo quanto è possibile di esserlo, avendo titoli per essere un gran sovrano. — Siete tristo.

Ub. Infatti, ebbi ore più liete.

Art. Mio Dio! Credevo che alcuno non potesse esser tristo fuori di me. Nullameno ricordo che, essendo in Francia, vedevo alcuni giovani simulare di esser cupi come la notte. Per la mia cristianità, se fossi fuori di prigione e ridotto a pascolare il gregge, sarei contento tutto il giorno; ed anche qui lo sarei, senza il sospetto in cui vivo che mio zio cerchi di nuocermi. Ei mi teme, ed io pure lo temo: ma è forse mia colpa s’io son figlio di Gefredo? No, certamente, non è mia colpa; e piacesse al Cielo che io fossi vostro figlio, Uberto, perchè voi mi amereste.

Ub. (a parte) Se con lui mi intrattengo, i suoi discorsi innocenti risvegleranno la pietà morta nel mio seno. Conviene affrettarsi e terminare.

Art. Siete malato, Uberto? Io vi veggo pallido assai. In verità vorrei che foste un po’ malato, onde vegliare tutta la notte accanto a voi. — Oimè! Son sicuro che vi amo più che voi non mi amiate.

Ub. (a parte) Le sue parole mi scendono al cuore. Leggete qui; (dandogli un foglio) giovine Arturo. Oh! lagrime insensate