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atto primo 29


SCENA V.

La corte innanzi al palazzo stesso.

Entrano Lear, Kent, e il Buffone.

Lear. Precedine a Glocester con questa lettera. Non dir nulla a mia figlia di quanto è qui accaduto; rispondi solo alle inchieste che ti verran fatte dopo la lettura del mio foglio. Se sollecito oltre ogni dire non vai, io vi giungerò prima di te.

Kent. Non dormirò, signore, finchè non abbia consegnata la lettera.     (esce)

Buff. Se il cervello d’un uomo fosse alle sue calcagna, non correrebbe rischio di prendere i pedignoni?

Lear. Sì, figliuolo.

Buff. In tal caso, te ne prego, sta lieto, che il tuo spirito non avrà difetto di calzatura.

Lear. Ah! ah! ah!

Buff. Vedrai che l’altra tua figlia t’accoglierà a dovere; oh sì, perchè sebbene ella somigli a questa come un pomo selvaggio somiglia ad una buona mela, pure io ben dico quel che posso dire.

Lear. Che puoi tu dire, figliuolo?

Buff. Ella avrà il medesimo sapore di questa, per quanto un pomo selvatico può ritrar d’un pomo selvatico; ma mi diresti tu perchè il naso sia posto in mezzo al volto?

Lear. No.

Buff. Onde avere un occhio da entrambi i lati, e spinger lo sguardo fin dove non giunge l’odorato.

Lear. (pensando a Cordelia) Io le feci oltraggio!

Buff. Sapresti spiegarmi in qual modo un’ostrica formi la sua conchiglia?

Lear. No.

Buff. Neppur io; ma ben posso dirti perchè la lumaca ha una casa1.

Lear. Perchè?

Buff. Per nascondervi il capo; non per darla alle sue figlie, e rimanersi colle corna allo scoperto.

Lear. Vo’ obbliar la mia mansuetudine... Padre sì amoroso!... Olà! i miei cavalli son presti?

  1. Si possono ignorare i misteri della natura, ma non le massime generali che ci governano in vita. Sopra questo dettato versano tutte le inchieste e risposte che fa in questa scena il pazzo a Lear.