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atto terzo 37


Gio. So che lo faresti. — Uberto, buon Uberto, mio caro Uberto, getta gli occhi su quel fanciullo; (indicando Art.)..... ti dirò chi ei sia, mio amico. È un serpe che si oppone al mio cammino; e per tutto dove porto i miei passi lo trovo innanzi a me. Mi intendi tu? Tu ne sei il custode.

Ub. E lo custodirò in guisa, che non offenderà più mai Vostra Maestà.

Gio. Morte.

Ub. Signore?

Gio. Un sepolcro.

Ub. Ei non vivrà.

Gio. Basta. Ora sto lieto. — Uberto, io ti amo; ma non ti dirò quello che farò per te: ricordati la promessa. — Signora, ricevete i miei addii: manderò una scorta per Vostra Altezza.

Elin. La mia benedizione ti accompagni.

Gio. Andiamo in Inghilterra, cugino. Uberto vi servirà con ogni cura. — A Calais; andiamo!     (escono)

SCENA IV.

La tenda del re di Francia.

Entrano il re Filippo, Luigi, Pandolfo e seguito.

Re Fil. Così una tempesta subitanea, che infierisce sui flutti, disperde una flotta intera, e manda qua e là le povere navi.

Pond. Racconsolatevi, riprendete fidanza, e tutto si compirà bene.

Re Fil. Come potrebbe accader ciò, dopo giornata tanto infelice? Non slam noi battuti? Non è perduto Angers? Arturo non è prigioniero? I nostri amici non sono stati uccisi? Il terribile nostro avversario non torna, in onta della Francia, vincitore in Inghilterra?

Luig. Quello ch’egli ha conquistato lo ha già fortificato; nè vi era esempio di tanta celerità e saggezza unite insieme, di tanto ordine e misura in così subita spedizione. Chi lesse mai nella storia avvenimento simile? Chi mai ne udì parlare?

Re Fil. Tollererei che si dessero agli Inglesi tante lodi, se altri esempi vi fossero di nostra vergogna, (entra Costanza) Mirate chi viene? Un’anima addolorata, racchiusa entro una tomba, e ritenuta contro i suoi desiderii immortali nella prigione di un corpo, estenuato dalla sventura. — Ve ne scongiuro, signora, venite con me.