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atto terzo 35


Bian. Oimè! La mia fortuna e la mia felicità non possono prosperare con voi che a costo della mia vita.

Gio. Cugino, ite a radunare l’esercito. — (esce Filippo) Re di Francia, il mio furore è al colmo, e una volta acceso, nulla potrà estinguerlo, nulla tranne il sangue più caro e più prezioso della Francia.

Re Fil. Il fuoco della tua rabbia non consumerà che te stesso, e sarai ridotto in cenere, prima che il nostro sangue lo estingua: attendi a te: sei sull’orlo dell’abisso.

Gio. Non più di quegli che me lo manifesta. — All’armi! (escono)

SCENA II.

La stessa. — Pianura vicino ad Angers. — Allarme ed escursioni.

Entra il Bastardo colla testa dell’Arciduca d’Austria.

Fil. Sulla mia vita; questo giorno si fa tremendo; qualche aereo demonio svolazza al disopra di noi e spande malenzi sulla terra. — Testa dell’arciduca, rimanti qui, intantochè Filippo respira.     (entrano il re Giovanni, Arturo e Uberto)

Gio. Uberto, bada a questo fanciullo. — Su, Filippo; torna al combattimento. Mia madre è assalita nella nostra tenda, e presa forse, temo.

Fil. Signore, l’ho ricomprata; Sua Altezza è salva: ma proseguiamo, mio principe: perocchè con lieve sforzo coroneremo le opere di questo bel giorno. (escono)

SCENA III.

La stessa. — Allarme e scorrerie. — Batte la ritirata.

Entrano il re Giovanni, Elinora, Arturo, il Bastardo, Uberto e Lordi.

Gio. Così sarà; Vostra Grazia (ad Elin.) si rimarrà con noi sotto sicura scorta. — Cugino, (ad Art.) non ti affliggere: la tua avola ti ama, e tuo zio sarà così buono per te, come lo fu tuo padre.

Art. Oh ciò farà morire mia madre di dolore!

Gio. Cugino, (al Bast.) partite per l’Inghilterra: affrettatevi, e prima del nostro arrivo pensate a bene spremere gli scrigni dei nostri ecclesiastici: fate veder la luce al loro oro prigioniero. È