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atto terzo 31

te, e rivesti le tue perfide membra colla ridicola divisa degli stolti.

Arc. Oh se un uomo mi tenesse un simile linguaggio!

Fil. E rivesti le tue perfide membra colla divisa ridicola degli stolti.

Arc. Tu non oseresti dir così, scellerato, per la tua vita!

Fil. E rivesti le tue perfide membra colla divisa ridicola degli stolti.

Gio. Questo non ne piace: ora obblii te stesso.

(entra il cardinal Pandolfo)

Re Fil. S’avanza il santo legato del pontefice.

Pand. Salute, o unti del cielo. — È a te, re Giovanni, che arreco il mio sacro messaggio. Io sono Pandolfo, cardinale della bella Milano, e legato di papa Innocenzo. È in nome suo e della religione ch’io qui ti chieggo, perchè ti compiaci così di odiare la Chiesa, nostra santa e comune madre: perchè togli con violenza a Stefano Langton, arcivescovo di Cantorbery, il suo seggio episcopale? in nome del Santo Padre, ti comando di rispondere.

Gio. Qual nome sulla terra può imporre alla voce sacra di un re la legge di rispondere? Cardinale, tu non puoi, per interrogarmi, farti forte di nome più vano per me, di quello del pontefice. Rendigli questa risposta per parte del re d’Inghilterra, e aggiungi, che non mai sacerdote d’Italia imporrà balzelli, o decime nei nostri Stati, e che, come noi siamo, dopo Iddio, il capo supremo, eserciteremo dopo Iddio, e in suo nome solo la suprema potenza, nei luoghi in cui regniamo, senza aiuto d’alcuna mano mortale. Reca questa risposta al pontefice, e per troncare il nodo digli ch’io non l’ho in conto di autorità.

Re Fil. Fratello d’Inghilterra, ora tu bestemmi.

Gio. Tu e tutti i re della cristianità lasciatevi reggere dal pontefice; per me nol farò, e avrò i suoi amici in conto di nemici.

Pand. Ebbene, in virtù del potere legittimo di cui sono rivestito, tu sarai maledetto e scomunicato: e benedetto sarà quegli che toglierà la sua obbedienza a un principe eretico.

Cos. Oh mi sia permesso di unire le mie maledizioni a quelle di Roma! Venerabile Pandolfo, al mio imprecare rispondi amen; perocchè chi non ha sofferto le ingiurie e i mali che io soffro, non può come me maledirlo quanto merita.

Pand. Io, signora, ho il potere di maledirlo.

Cos. Ed io pure l’ho. Allorchè la legge non può più fare giustizia, è bene ch’essa non ponga più ostacolo alla vendetta. La