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28 il re lear

figlia, che, ne son certo, è affettuosa e dolce. Allorchè conoscerà questa tua opera, ella s’avventerà sul dispietato tuo volto, e lo lacererà colle sue mani. — Va; sii sicura che riacquisterò quella grandezza che ora t’immagini aver io perduta per sempre. (esce con Kent e col suo seguito)

Gon. L’intendeste, milord?

Alb. Non posso esser tanto parziale, Gonerilla, malgrado il grande amore che vi porto.

Gon. Pregovi, siate contento. — Olà, Osvaldo! Voi, messere (al Buff.) più ribaldo che stolto, seguite il vostro signore.

Buff. Zio Lear, zio Lear, tarda un poco, e prendi il pazzo con te. (canta) «Una volpe presa dal cacciatore e una tal figlia patirebbero egualmente la morte, se il mio berretto valesse a comprare un capestro. Eccomi, zio: son teco». (esce)

Gon. Quell’uomo avea buon senso... cento cavalieri! Politico e prudente in verità era il lasciargli cento cavalieri, onde al primo impeto, per una parola, pel più leggiero motivo, potesse sostenere gli accessi della sua demenza con una schiera formidabile, e tenerne in sua balìa, — Osvaldo, dico!...

Alb. Ben potreste spinger troppo lungi i vostri timori.

Gon. L’eccesso del timore è più sicuro che l’eccesso della sicurezza. Tollerate ch’io prevenga i mali che temo, anzichè stoltamente temerli finchè ne sia fatta vittima. Conosco il cuore di lui. Tutto ch’egli mi ha detto, l’ho scritto a mia sorella; e s’ella vuol sopportarlo co’ suoi cento cavalieri, dopo averlene mostrato tutti gl’inconvenienti... Ebbene. Osvaldo (entra il Maggiordomo), scriveste quella lettera a mia sorella?

Magg. Così ho fatto, signora.

Gon. Prendete con voi una scorta, e salite tosto a cavallo. Ite ad avvertire mia sorella de’ miei particolari timori, e aggiungete le ragioni che voi stimerete convenienti per appoggiare la mia lettera. Su, via, partite; e sollecitate il ritorno (il Magg. esce). No, no, milord: quell’eccessivo dolore, quell’aperto carattere che v’è proprio, io non lo danno; ma soffrite ch’io ve lo dica, voi meritate più biasimo pel vostro difetto di prudenza, che lodi per la mansuetudine della vostra tempra.

Alb. Fin dove s’estendano le vostre vedute io l’ignoro; ma spesso, per trovare il meglio, noi perdiamo il bene.

Gon. No; anche allora...

Alb. Ebbene, lo chiariranno gli eventi. (escono)