Pagina:Rusconi - Teatro completo di Shakspeare, 1858, III-IV.djvu/38


atto primo 27

sono uomini privati e scelti, forniti delle migliori qualità. Essi conoscono tutti i doveri della decenza e del buon costume, e nella loro condotta la proprietà e l’onore sono scrupolosamente rispettati. Oh fallo sì leggiero della mia Cordelia, come mi sembrasti tu dunque tanto indegno da commuovere subitamente tutto il mio essere, e gittarlo dalla pace nell’agitazione più violenta, da esaurire nel mio cuore tutta la tenerezza d’un padre, e riempierlo del fiele dell’odio? Ah Lear, Lear, Lear! (percuotendosi il capo) percuoti, percuoti questa porta, che lasciò fuggir la ragione, e diè ricetto alla follia!... Partiamo, partiamo.

Alb. Signore, sono innocente; ignoro la cagione che vi ha sì commosso.

Lear. Questo può essere, milord; ma tu odimi, o Natura, odimi, cara divinità, mi ascolta! Rompi i tuoi disegni, se ti proponevi di rendere questa creatura feconda. Porta ne’ suoi fianchi la sterilità; dissecca in lei tutte le sorgenti della vita; e non mai dal suo seno snaturato esca un fanciullo che l’onori col nome di madre. O, se pure è necessario ch’ella madre divenga, componi il figlio suo coll’umor dei sepolcri, e fallo nascere contraffatto e perverso per suo supplizio eterno. Faccia ei discendere le rughe premature della vecchiaia sulle giovani guancie di lei, e vi siano queste scavate dalle ardenti lagrime che le farà versare; insulti a tutte le sue pene; ricambi con disprezzo tutti i suoi benefizi, ond’ella possa sentire quanto il dente avvelenato del serpe sia men crudele, men dilaniatore, che l’angoscia d’avere un figlio ingrato! — Partiamo, partiamo! (esce)

Alb. Ma, in nome degli Dei che adoriamo, da che procede tutto questo?

Gon. Non vi affannate per saperlo, e lasciate al suo umore il campo libero; segua egli il corso che gli dà la pazzia. (rientra Lear)

Lear. Come? cinquanta de’ miei cavalieri annullati ad un tratto! nello spazio di quindici giorni!

Alb. Qual è il soggetto, signore?

Lear. Te lo dirò. — Vita e morte!... Arrossisco che tu abbi potenza (a Gon.) di commuovere a questo punto la mia vecchiaia, e di spremere queste lagrime avvampanti, che sgorgano mio malgrado. — La peste e tutti i flagelli cadano su di te; le ferite insanabili della maledizione d’un padre ti compenetrino e ti strazino tutta intera! — O miei occhi troppo insensati e troppo teneri, io vi strapperò, se sfuggirvi debbono altre lagrime per tale oggetto. — Ah! a tanto ne venimmo? Ebbene, sia. Mi rimane ancora una