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atto secondo 19

nostro arrivo quell’immobile barriera di pietre che vi circonda tempestata dalle loro batterie, sarebbe già caduta fin dalla base, lasciando larghe breccie alla furia dei vincitori. Ma al nostro avvicinarsi, alla vista del vostro legittimo re, che con rapido e penoso cammino ha condotto dinanzi a voi un esercito, atto a contenere i vostri nemici e a conservare intere le vostre mura minacciate, voi li vedete diggià confusi venirne a concioni anzichè avventare, come n’aveano disegno, palle roventi sulle tremanti vostre case. Con vane parole di pace, che dileguansi per l’aere come fumo, essi vogliono sedurre le vostre orecchie, e deludere la vostra credulità: date loro la fede che meritano, degni cittadini, e aprite le vostre porte al vostro re, che, stanco dalle fatiche di questa veloce marcia, implora un asilo fra l’amore de’ suoi.

Re Fil. Allorchè avrò parlato, rispondete ad entrambi. Vedete alla mia destra questo fanciullo ch’io conduco e di cui ho fatto voto a Dio di difendere la causa; è Arturo Plantageneto, figlio del fratello primonato di quell’Inglese, e sovrano suo, non che di quanto ei possiede. Fu per vendicare i suoi giusti diritti che schierati in battaglia noi calpestiamo le verdi zolle di queste pianure e ci mostriamo vostri nemici; quanto solo ci costringe ad esserlo però un doveroso zelo ospitale, che ci impone di sollevare questo principe oppresso. È la sua causa virtuosa che ne mette le armi in mano. Offrite dunque di buon grado un omaggio legittimo a quegli a cui è dovuto, a questo giovine principe, e tosto le nostre armi cadranno dalle nostre mani senza nuocervi, e non avranno più, come un leone incatenato, nulla di pericoloso fuorchè l’aspetto. I nostri bronzi avventeranno il loro inutile piombo contro il seno invulnerabile delle nubi, e con ritirata pacifica e benedetta da voi, noi riporteremo nella nostra patria le nostre spade e i nostri elmi interi, e il sangue bellicoso di cui venivamo ad annaffiare i vostri baluardi, lasciando così in pace le vostre donne, i vostri fanciulli, e voi. — Ma se sdegnate stoltamente questa offerta, il cinto delle vostre vecchie mura non varrà a sottrarvi al nostro sdegno, quand’anche questi Inglesi, con tutti i loro eserciti e il loro valore vi fossero alloggiati in mezzo. Rispondete: la vostra città vuol essa riconoscere in noi il suo sovrano, pel principe a nome di cui le chiediamo omaggio? o daremo invece il segnale di guerra, per correre fra flutti di sangue al possedimento di ciò che ne appartiene?

Citt. In brevi parole: noi siamo sudditi del re d’Inghilterra, è per lui e in suo nome che teniamo questa città.

Gio. Riconoscetemi dunque per re, e lasciatemi entrare.