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26 il re lear


Buff. Non sa forse anche un asino avvedersi quando è la carretta che tira il cavallo? (canta) «Animo, Giacomo! animo, Giacomo! io molto ti amo; io ti amo assai!»1

Lear. V’ha alcuno che qui mi conosca? è quivi Lear? cammina Lear così? parla così? dove sono i suoi occhi? Convien dire che la sua ragione sia indebolita, o che il suo discernimento stia sepolto in letargia. — Dormo, o son desto?... Ah! certo m’inganno. — Chi può dirmi quel ch’io sono? — L’ombra di Lear?... Vorrei saperlo; poichè, pel lume della ragione e del sentimento, potrei essermi fallacemente convinto di aver due figlie...

Buff. Che faranno di voi un obbediente genitore.

Lear. Il vostro nome, bella principessa?

Gon. La maraviglia, signore, che ostentate, si addice alle altre vostre bizzarre fantasie, così nuove per me. Ve ne scongiuro, prendete in buona parte le mie osservazioni e le mie rimostranze. Voi siete vecchio, e in una età venerabile: dovreste esser saggio. Al vostro seguito, fra cavalieri e scudieri, stan cento persone, gente prava, corrotta e licenziosa, che della nostra corte ha fatto un bordello. A vedere il disordine e la libidine che vi regnano, non si potrebbe riconoscere in questo palagio l’augusto seggio d’un principe. Il pudore e la decenza chieggono una pronta riforma. Lasciatevi dunque persuadere da vostra figlia; altrimenti ella si prenderà la libertà di domandare ciò che desidera. Concedete che si sminuisca il vostro seguito, e che quello che vi rimane sia composto di persone che convengano alla vostra età, e sappiano se stesse e voi rispettare.

Lear. Tenebre e caos!... Sellate i miei cavalli; chiamate le mie genti... Figlia degenere, non ti darò più molestia... un’altra figlia mi rimane...

Gon. Voi percuotete i miei servitori, e la vostra sfrenata soldatesca vuol comandare a persone che valgono più di lei. (entra Albanìa)

Lear. Sventura, sventura a colui che troppo tardi si pente! Oh, signore (al duca), ben venite! È voler vostro?... parlate, signore... Preparatemi i cavalli... Ingratitudine! mostruosa ingratitudine! tu demone dal cuor di marmo, orrenda quando simuli le sembianze dei fanciulli, mille volte più orrenda dei mostri marini!

Alb. Ve ne prego, signore, abbiate calma.

Lear. (a Gon.) Esecrabile avoltoio! tu menti. I miei scudieri

  1. Wheov Ing! I love thee.