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atto quarto 327


Apem. Vivi, ed ama la tua miseria.

Tim. Con essa vuo’ vivere, e morire con lei: sono contento. (Apem. esce) Altri uomini? mangia, Timone, e abborrili.

(entrano ladri)

Lad. Dove avrà trovato quell’oro? Certo sarà qualche misero avanzo della sua antica fortuna. La mancanza di denaro, l’abbandono de’ suoi amici, l’avranno gittato in tanta tristezza.

Lad. Corre voce ch’ei possegga un tesoro immenso.

Lad. Facciamo un tentativo sopra di lui; s’ei non si cura più dell’oro, ce lo darà facilmente; ma se è bramoso di serbarlo, come l’otterrem noi?

Lad. Ben dici; perocchè nol porta sopra di sè: lo tiene nascosto.

Lad. Non è egli colà?

Tutti i Lad. Dove?

Lad. È quale ci fu dipinto.

Lad. Sì; e lo riconosco bene.

Tutti i Lad. Dio ti salvi, Timone.

Tim. Ebbene, ladri?

Tutti i Lad. Soldati, non ladri.

Tim. Entrambe le cose in pari tempo; e, che più è, figli di donne.

Tutti i Lad. Non siamo ladri, ma uomini che hanno bisogno.

Tim. Il vostro maggior bisogno è la mancanza di cibo: or perchè ne mancate? Mirate, la terra ha radici; intorno a questo luogo scaturiscono cento ruscelli di acqua limpida: quelle quercie producono le ghiande, quei cespugli son pieni di nocciuoli; la natura, benefica nutrice, vi offre per tutto una messe abbondante. Fame? perchè avete fame?

Lad. Non possiamo viver di erba, di frutti selvatici, e di acqua, come i pesci, gli uccelli e le bestie nei boschi.

Tim. Ma neppur potete viver mangiando le bestie, gli uccelli e i pesci, che v’è forza il divorar gli uomini. Debbo rendervi grazie; almeno vi rivelate per ladri apertamente; e per fare il vostro mestiere, non simulate la maschera della virtù. È fra le professioni legittime della società che la rapacità non ha limiti. Ladri, eccovi oro. Ite, bevete il sangue de’ grappoli, finchè coaguli il vostro, e v’accenda per le vene una febbre ardente che vi sottragga al patibolo! Non vi fidate ai medici; il costoro antidoto è un veleno; essi commettono più omicidii che voi furti, e rubano la borsa e la vita in pari tempo. Il vostro mestiere è la scelleraggine; esercitatelo, come gli artefici esercitano il loro; vuo