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atto quarto 323


Tim. Se ti rassomigliassi, mi sarei annientato da me stesso.

Apem. Ti sei annientato, essendo simile a te medesimo: insensato un tempo, ora frenetico. Pensi tu che quest’aere rigido e impetuoso verrà, come il tuo paggio, a portarti una veste penetrata da un dolce calore? Questi alberi, vestiti di musco e più vecchi dell’aquila, seguiranno essi i tuoi passi per coprir d’ombra i luoghi che tu sceglierai? L’onda dei fiumi agghiacciati muterà ella natura per tergere ed afforzare le tue membra, stanche dagli eccessi della notte? Chiama tutti gli esseri che vivono esposti all’inclemenza dell’aere, seguendo le sole leggi della natura, e di’ loro che ti adulino. — Oh! tu conoscerai...

Tim. Che sei uno stolto: partiti.

Apem. Ora ti amo più che mai.

Tim. Io t’odio di più.

Apem. Perchè?

Tim. Tu aduli fino la miseria.

Apem. Non adulo, ma dico che sei uno scellerato.

Tim. Perchè venisti in traccia di me?

Apem. Per cruciarti.

Tim. Uffizio sempre da codardo o da stolto. Ti compiaci di ciò?

Apem. Sì.

Tim. Sei un malandrino.

Apem. Se tu avessi vestiti questi panni grossolani per castigare il tuo orgoglio, ti loderei; ma non l’hai fatto che per forza. Saresti un cortigiano se non fossi un mendico. L’indigente volontario è re in paragone del ricco che non sa limitare i propri desiderii; l’uno li appaga sempre e non li colma mai; l’altro privo di essi è ognora all’apice de’ suoi voti. La fortuna più splendida, scevra di contento, è uno stato di pena e di miseria cento volte al disotto della più estrema povertà, che il contento accompagni. Dovresti desiderare di morire essendo miserabile.

Tim. Tanto nol sono da riceverne il nome dalla bocca di un uomo così inferiore a me. Tu non sei che un vile, che la fortuna non strinse mai fra le sue braccia carezzevoli; tu fosti trattato da lei come l’uomo tratta il cane. Se avessi, com’io, fin dalla culla, provate successivamente tutte le dolcezze che il mondo prodiga a coloro che possono con uno sguardo chiamare tutti i piaceri intorno a se stessi, tuffato ti saresti corpo e anima nella libidine; la tua gioventù si saria logorata in tutti i diversi eccessi delle voluttà, e, inteso unicamente al godimento che la vita ti offriva, non avresti mai imparate le fredde e austere lezioni della moderazione e della decenza. — Ma io che aveva il mondo intero per