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314 | timone di atene |
glior banchetto! Il fumo e l’acqua rendono di voi imagine intera. Ecco l’ultimo dono di Timone, che, oppresso dalle vostre lodi e dalle vostre vili adulazioni, se ne redime oggi, e vi rigetta in volto le vostre infami onte. (gettando loro in faccia l’acqua) Ite, e trascinate una lunga vecchiaia abborrita! Molli adulatori, detestabili parassiti, che divorate sorridendo, lupi mansueti, orsi piacevoli, vili piaggiatori della fortuna e dei lauti banchetti, uccelli di passaggio, infami schiavi dalla testa curvata, dal ginocchio pieghevole, simulacri vani e di niun pondo, automi stolti carolanti ognora intorno ai palagi del ricco, possano tutti i flagelli, che desolano l’uomo e il bruto, riuniti sopra di voi, coprirvi di una lebbra generale. Dove vai tu? Aspetta, prendi prima la tua pozione, e tu ancora... e tu anche (getta loro dietro i piatti, e li caccia con vergogna) fermati, vuo’ prestarti denaro, e non chiederne a te. — Come! tutti in moto? Non si facciano omai più feste in cui gli scellerati non siano i bene accolti. — Brucia fatal casa; cadi, Atene, cadi! e tuttociò che porta sembianza umana sia all’avvenire abborrito da Timone. (esce; rientrano i nobili, con alcuni senatori)
1° Nob. Ebbene, signori?
2° Nob. Sapete voi la cagione di tanta ira?
3° Nob. Vedeste il mio berretto?
4° Nob. Io perdei la mia tonaca.
3° Nob. Non è che un pazzo, retto solo dal suo capriccio. L’altro giorno mi diede un diamante, ed oggi me lo fe’ perdere. — Vedeste il mio diamante?
4° Nob. Vedeste il mio berretto?
3° Nob. Eccolo.
4° Nob. Ecco la mia tonaca.
1° Nob. Esciamo di qui.
2° Nob. Timone è pazzo.
3° Nob. Lo sento nelle mie ossa.
4° Nob. Un giorno ci dà gioielli e un altro selci. (esce)