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atto terzo | 307 |
Flam. Non ancora.
Tit. Aspettiamo sua signoria; abbi la bontà di significarglielo.
Flam. Non è necessario; ei sa bene quanto siete esatti. (esce. Entra Flavio incamuffato in un mantello).
Luc. Dom. Ah! non è il suo intendente che passa avviluppato così? Ei parte in mezzo ad una nuvola: chiamatelo, chiamatelo.
Tit. Udite, signore?
1° Var. Dom. Con vostra licenza, signore?
Flav. Che chiedete da me, mio amico?
Tit. Aspettiamo per certo danaro, signore.
Flav. Se il danaro fosse così certo, come sicuri si è di vederlovi aspettare, vi si potrebbe far assegnamento sopra: ma perchè non presentavate le vostre obbligazioni allorchè i vostri perfidi signori mangiavano alla mensa del mio, e quando l’idea del denaro, del quale erano creditori, li piaggiava e li facea sorridere, mentre le loro bocche fameliche divoravano i suoi frutti? Voi vi tormentate invano incalzandomi, e adoprando meco così; lasciatemi passare liberamente. — Vi sia noto che il mio signore ed io siam giunti al termine del nostro corso, e ch’io non sono più in istato di contar danaro od ei di spenderne.
Luc. Dom. Sì, ma questa risposta non vi varrà.
Flav. Se non varrà, non sarà mai vile come voi che servite iniqui uomini. (esce)
1° Var. Dom. Come! Che ciancia colui?
2° Var. Dom. Ciò poco rileva; egli è povero, e questo ci vendica abbastanza. Chi ha più diritto di parlare liberamente di quegli che non ha un tetto, sotto cui ricoverare il proprio capo? Un tal uomo può ben burlarsi dei superbi edificii. (entra Servilio)
Tit. Oh, ecco Servilio; ora avremo qualche risposta.
Ser. Se osassi scongiurarvi, miei amici, di ritornare fra poco, lo farei, e mi obblighereste assai; imperocchè il mio signore è in uno strano abbattimento, privo d’ogni consolazione: la sua salute è assai minacciata, ed è costretto a rimanersene nella sua stanza.
Luc. Dom. Tutti quelli che rimangono nella loro stanza non sono infermi. D’altra parte, se la salute di Timone è in così gran pericolo, mi pare una ragione di più per pagare prontamente i debiti, e appianarsi la via che guida agli Dei.
Ser. Celesti Numi!
Tit. Noi non possiamo contentarci di questa risposta, amico.
Flam. (dal di dentro) Servilio, aiuto!..... signore! Oh mio signore... (entra Timone furioso: Flaminio lo segue)