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300 timone di atene

pronio. Raccomandatemi al loro amore e dite a ognuno d’essi che vo superbo di trovare infine l’occasione di valermi della loro amicizia per qualche somma che mi occorre. Chiedete loro cinquanta talenti.

Flam. Sarete obbedito, signore.

Flav. (a parte) Al nobile Lucio, e a Lucullo? Oh!

Tim. E voi (a un altro servo) ite da quei senatori alla cui riconoscenza avea diritto nei miei dì di splendore. Dite ad essi di inviarmi tosto mille talenti.

Flav. Fui abbastanza ardito per presentar loro la vostra soscrizione, credendo che quello fosse il più facile espediente; ma tutti scrollarono il capo e non ne tornai più ricco.

Tim. È egli vero? Possibile!

Flav. Risposero tutti ad una voce che erano a mal partito; che non avevano denaro; che non potevano fare ciò che desideravano; che ciò loro doleva assai, avvegnachè, dicevano, siate un uomo sì rispettabile che per voi innalzavano mille voti; e convenivano, dovesse esservi stato qualche errore, imperocchè l’uomo più onesto può fare un passo falso, e riepilogavano affermando che era grave il dolore che sentivano per non potervi sollevare. — Così parlando mi lanciavano sguardi sdegnosi e con vili inchini e frasi interrotte m’agghiacciavano il cuore, e mi riducevano al silenzio.

Tim. Gli Dei li ricompensino! — Ti prego, amico, sta lieto; nei vecchi l’ingratitudine è ereditaria: il loro sangue è freddo, e lento a scorrere per le vene; non sentono riconoscenza, perchè il loro cuore non ha vita. A mano a mano che l’uomo s’avanza verso la tomba, ei perde la sua onerosità, e il suo cuore diventa torpido. — Va da Ventidio. — Ah in mercè, non ti affliggere! tu sei onesto e fido; dico quel che penso; nulla ti si può rimproverare. — Ventidio ha perduto suo padre, e una tal morte lo fa possessore di immense ricchezze. Allorchè egli era povero, prigioniero e privo di amici per soccorrerlo, io lo aiutai con cinque talenti. Vallo a salutare a mio nome; digli che l’amico suo è in grave bisogno ed esige ch’ei si ricordi di lui. Dacchè lo avrai commosso mandagli costoro; e non dir più, nè pensarlo, che la fortuna di Timone possa venir meno in mezzo ai suoi amici.

Flav. Vorrei nol poter credere mai; ma quella fiducia è nemica alla verità, che, da sè giudicando, reputa tutti gli uomini onesti. (escono)