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atto secondo 299

foss’egli anche tutto vostro, quanto tempo credereste di tenerlo in possesso?

Tim. Tu dici il vero.

Flav. Se avete il minimo sospetto sulla mia amministrazione, sulla mia fedeltà, citatemi innanzi ai giudici più severi e assoggettatemi all’esame più rigoroso. Così gli Dei mi siano propizi, come essi sanno che, allorquando tutta la nostra casa era assordata da una folla di parassiti voratori, allorchè il pavimento era inondato dai flutti di vino, che in esso traboccava, allorchè ogni aula splendeva di mille torchi, e risuonava di canti e danze, io mi ritiravo nel più miserabile ridotto per spargervi torrenti di lagrime.

Tim. Cessa, te ne scongiuro.

Flav. Dei, diceva io, quanta bontà è nel nobile Timone! Quante ricchezze non furono prodigate in questa notte a vili adulatori! Chi fra di loro non si grida adesso servo officioso di Timone? Chi in questo momento non offre il suo cuore, la sua vita, la sua spada, il suo coraggio, le sue sostanze a Timone, al generoso Timone, al nobile, al degno, al sovrano Timone? Oimè! Dacchè la fortuna, con cui egli comprava queste lodi, è stata distrutta, tutte le voci che le prodigavano son rimaste mute. Addio feste e banchetti. Una nube d’inverno versa le sue pioggie, e tutti gli insetti sono scomparsi.

Tim. Non più rimostranze, te ne prego: alcun beneficio vergognoso non ha disonorato il mio cuore: io non debbo arrossir de’ miei doni, che avrò potuto prodigare con imprudenza, ma non mai prostituire con viltà. — Perchè piangi? È in te tale difetto di fiducia da credere ch’io possa mancar d’amici? Il tuo cuore si rassicuri; va; se volessi aprir i serbatoi, in cui la mia amicizia ha versato i suoi doni, e sperimentare i cuori, uomini e ricchezze s’offrirebbero a me, e ne disporrei così facilmente come comandar ti posso di parlare.

Flav. Voglia l’avvenimento rispondere ai vostri pensieri!

Tim. E il bisogno, in cui oggi mi trovo, è per me un bene che corona tutti i miei voti: ora posso far prova de’ miei amici; e in breve conoscerai quanto ti sii ingannato sullo stato di mia fortuna, possedendo, com’io fo, tanta dovizia di cuori. — Olà! qualcuno..... Flaminio! Servilio! (entrano Flaminio, Servilio, ed altri domestici)

Ser. Signore, signore.....

Tim. Ho differenti comandi da darvi. — Voi ite dal nobile Lucio, voi da Lucullo, con cui feci oggi la caccia, e voi da Sem-