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atto secondo 297


Tutti i Dom. Gran mercè, buon pazzo: come sta la vostra amante?

Paz. Colle mani in acqua per iscottarvi capponi quali siete voi. — Volesse il Cielo che potessimo vedervi a Corinto1.

Apem. A meraviglia! (entra un Paggio)

Paz. Mirate, viene il paggio della mia amanza.

Pag. (al Pazzo) Ebbene, capitano? Che fate in così savia compagnia? — Come stai, Apemanto?

Apem. Vorrei avere una verga per lingua, onde risponderti a dovere.

Pag. Pregoti, Apemanto, leggimi l’indirizzo di queste lettere; io non saprei farlo.

Apem. Non sai leggere?

Pag. No.

Apem. Allora le lettere perderan poco il giorno in cui sarai appiccato. — Questa è per Timone; questa per Alcibiade. Va; fosti generato fra l’obbrobrio, e morirai sulla forca.

Pag. Tuo padre fu un cane, e tu languirai di fame come un cane. — Non rispondermi; son già partito. (esce)

Apem. Gli è renderti il maggior servigio. Pazzo, verrò con te da Timone.

Paz. Mi lascierai tu là?

Apem. Se Timone è in casa. — Voi siete tre servi di tre usurai?

Tutti i Dom. Sì, così essi ci servissero!

Apem. Io pur lo vorrei; e praticassero gli ufficii che esercita un carnefice verso un ladro.

Paz. Siete voi tutti e tre servi d’usurai?

Tutti i Dom. Sì, Pazzo.

Paz. Credo che non vi sia usuraio che non abbia un pazzo fra i suoi servi: la mia amante è una del bel numero, ed io sono il pazzo di lei. Quando qualcuno chiede danaro ai vostri padroni, ei va loro incontro tutto mesto, e se ne ritorna gaio; ma dalla mia amante si entra gai e se ne ritorna mesti. Ditemi la ragione di ciò?

Var. Dom. Potrei dirvene una.

Apem. Fallo dunque, onde possiamo riguardarti come un mezzano di infami libertinaggi, ciò che non ti farà meno stimato.

Var. Dom. Che razza di mezzano è cotesto, Pazzo?

  1. Nome generale per indicare un luogo di prostituzione. Corinto era la più dissoluta fra le città della Grecia.