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296 | timone di atene |
Caf. No, mio buon signore...
Tim. Basta così, buon amico.
Var. Dom. Un domestico di Varrone, signore...
Isid. Dom. Per parte di Isidoro, che umilmente vi prega onde tosto paghiate...
Caf. Signore, se conosceste i bisogni del mio padrone...
Var. Dom. Il termine è trascorso, signore, da più di sei settimane...
Isid. Dom. Il vostro intendente mi tiene a bada, signore, e venni espressamente mandato alla Grandezza Vostra.
Tim. Lasciatemi respirare. — Miei buoni amici, vi supplico di precedermi; (escono Alcib., i Nobili, ecc.) vi raggiungerò fra un istante. — Venite qui; (a Flavio) che significa tutto ciò? Perchè mi veggo io arrestato da creditori, che vengono a fastidirmi con dimande di pagamenti, tanto differiti e sollecitati invano? Perchè tante offese al mio onore?
Flav. Piacciavi, signori; voi male scegliete il tempo pei vostri affari; non ne importunate di più; aspettate dopo il pranzo; datemi agio di potere spiegare al nobile Timone perchè non siate stati pagati.
Tim. Fate così, miei amici; voi abbiate cura che siano ben trattati. (esce; entra Apemanto, e il Pazzo)
Caf. Restate, restate, viene il pazzo con Apemanto; sollazziamoci un poco.
Var. Dom. Morte lo colga, ei ne ingiurierà.
Isid. Dom. Peste al cane!
Var. Dom. Come stai, pazzo?
Apem. Favelli alla tua ombra?
Var. Dom. Non parlo con te.
Apem. No; ma con te solo. — Andiamocene. (al Pazzo)
Isid. Dom. (al Var. Dom.) Ecco il Pazzo che già s’attacca al suo dorso.
Apem. No, sei anche singolo, non vi andasti per anco sopra.
Caf. Dov’è ora dunque il Pazzo?
Apem. Ei fece dianzi tal dimanda. — Vili miserabili, mezzani d’usurai, mediatori fra l’oro e i bisogni!
Tutti i Dom. Che siam noi, Apemanto?
Apem. Asini.
Tutti i Dom. Perchè?
Apem. Perchè mi chiedete quel che siete, e non vi conoscete da voi — Parla loro, Pazzo.
Paz. Come state, gentiluomini?