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292 timone di atene

nè vuol pensare allo stato di sue finanze, nè accordarmi un momento per dimostrargli a qual’estrema indigenza è ridotto il suo cuore, che più non può effettuare i suoi voti. Le sue promesse eccedono sì prodigiosamente la sua fortuna, che tutto ciò ch’ei promette è un nuovo debito che contrae; ogni parola gli fa un creditore di più, e tutte le sue terre sono già aggravatissime. Oh vorrei essere congedato prima che la necessità mi costringa ad abbandonarlo! Più fortunato è l’uomo che non ha amici, di quello che è circondato da amici, più funesti dei nemici stessi. Il cuore mi sanguina di affanno pel mio buon signore.     (esce)

Tim. Voi non mi rendete giustizia; calunniate troppo il vostro merito: accettate, signore, questa inezia come pegno del nostro amore.

Nob. La ricevo e ve ne sono riconoscentissimo.

Nob. Oh egli è l’anima della stessa bontà.

Tim. Ed ora che rimembro, signore, voi avete molto vantato l’altro di un corsiero baio ch’io cavalcavo: è vostro poichè vi piace.

Nob. Vi supplico, perdonatemi, signore, ma...

Tim. Credetemi; so per esperienza che non si loda che ciò che piace, e che si desidera: giudico dei sentimenti del mio amico dai miei; quello ch’io vi dico è vero. (a tutti) Verrò a salutarvi.

Tutti i Nob. Niuno potrà esserci più gradito.

Tim. Le vostre persone, e le vostre cortesi visite mi sono così care, che non basta il pagarle con ringraziamenti. Vorrei poter dar regni a’ miei amici, e mai non mi stancherei — Alcibiade, tu sei soldato, e i soldati di rado son ricchi: intendo soccorrerti: perocchè tutte le tue entrate le ritrai dai morti, e le terre che possiedi son coperte soltanto di cadaveri.

Alcib. Luride terre infatti, mio buon signore.

Nob. Noi vi siamo sì strettamente legati...

Tim. E così sono io pure a voi.

Nob. Tanto altamente riconoscenti...

Tim. Siate felici. — Lumi, olà! lumi!

Nob. La felicità, l’onore e le ricchezze, non v’abbandonino mai, nobile Timone!

Tim. Parato sempre a servire i miei amici.

(escono Alcibiade, i Nobili, ecc.)

Apem. Qual tumulto! Qual rumor di cerimonie, di inchini e di adulazioni! Dubito che tutte quelle gambe sì pieghevoli e sì civili valgano le somme di cui si pagano le loro profonde genuflessioni. L’amicizia di tutti quegli ospiti è intorbidata da una