Pagina:Rusconi - Teatro completo di Shakspeare, 1858, III-IV.djvu/295

284 timone di atene


Tim. Mirate, chi si avanza. Volete essere garriti? (entra Apemanto)

Gio. Lo soffriremo insieme con Vostra Signoria.

Mer. Ei non risparmia alcuno.

Tim. Buon giorno a te, gentile Apemanto!

Apem. Finchè io non sia gentile, aspetta il ricambio.

Poet. E quando lo sarai?

Apem. Quando tu diverrai il cane di Timone, e questi mariuoli gente onesta.

Tim. Perchè li chiami mariuoli? Tu non li conosci.

Apem. Non sono ateniesi?

Tim. Sì.

Apem. Dunque non mi pento.

Gio. Voi mi conoscete, Apemanto?

Apem. Sai bene che ti conosco, ti chiamai dianzi a nome.

Tim. Sei superbo, filosofo.

Apem. Di nulla più che di non somigliare a Timone.

Tim. Dove andavi?

Apem. A trarre in luce un onesto cervello ateniese.

Tim. È tale opera che ti farà morire.

Apem. Sì, se il far nulla è dannato di morte dalla legge.

Tim. Come ti piace questo quadro, Apemanto?

Apem. Molto, perchè non ha fatto male.

Tim. Non operò bene quegli che lo dipinse?

Apem. Colui che fece il pittore, adoperò anche meglio; e nondimeno fu una miserabile opera.

Pitt. Siete un cane.

Apem. Tua madre è della mia specie; or che sarà ella s’io sono un cane?

Tim. Vuoi desinare meco, Apemanto?

Apem. No; io non mangio i signori.

Tim. Se lo facessi, metteresti in collera le nostre donne.

Apem. Oh! ad esse sta il mangiare gli uomini: ed ecco perchè il loro corpo s’ingrossa.

Tim. È un’idea libertina.

Apem. Tu l’interpreti così: abbilo per tua ricompensa.

Tim. Come ti piace questo gioiello, Apemanto?

Apem. Non quanto la franchezza che non costa un obolo all’uomo1.

  1. Allusione al proverbio inglese: la franchezza è un gioiello: ma coloro che ne usano muoiono di fame.