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280 timone di atene


Gio. Ed è di gran prezzo: vedete che limpida acqua?

Pitt. Voi siete in estasi, signore; meditate qualche opera, qualche dedica al gran Timone?

Poet. È un’idea abbastanza bella che mi si è offerta spontanea. La nostra poesia è come la gomma che stilla dall’abero. Il fuoco nascosto in seno alla selce non si manifesta che allorchè la selce è percossa; ma il bel fuoco della poesia divampa, si accende da sè, e come torrente atterra tutte le dighe che si oppongono al suo corso. — Che avete costà?

Pitt. Un quadro. — E il vostro poema quando vedrà la luce?

Poet. Subito dopo che l’avrò presentato al valentuomo. Ma vediamo il vostro quadro.

Pitt. È un grave lavoro.

Poet. Affè; il rilievo n’è perfetto.

Pitt. Non v’è nulla di meraviglioso.

Poet. Ammirabile! Quanta nobiltà e grazia nell’attitudine di quella figura! Quale anima di fuoco scintilla in quegli occhi! Quanta verità nel movimento di quel labbro! Sebbene questa persona sia muta, se ne interpreterebbe il silenzio!

Pitt. È una imitazione abbastanza felice della verità. Che dite di questa parte? Vi sembra bella?

Poet. Oso dire che è un modello per la natura; l’arte ha scolpito in quei lineamenti maggior energia ed espressione, che non ne offra la vita reale.     (passano parecchi senatori)

Pitt. Come onorato è quest’uomo!

Poet. I senatori di Atene. Felici essi!

Pitt. Mirate di più!

Poet. Voi vedete quel concorso, quell’affluenza di visitatori. Io ho, nell’abozzata mia opera, dipinto un uomo a cui questo mondo sublunare prodiga omaggi e carezze; ma il mio libero genio non si ferma a insulsi particolari, e con audacia trascorre per un vasto mare di cera1. — Alcun tratto di malignità non avvelena un solo emistichio; la mia vena è pura nel suo corso; il mio estro, come aquila, s’avventa, vola, e s’innalza sempre senza lasciare alcuna traccia di dietro a sè.

Pitt. Come potrei io intendervi?

Poet. Ora vel dirò. — Voi vedete come tutti gli stati, tutte le condizioni, tutti gli spiriti e tutti i caratteri gravi e frivoli, duri e molli, vengano ad offrire i loro umili omaggi a Timone. La sua

  1. Si sa che gli antichi scrivevano su tavole di cera col mezzo di uno stile di ferro.