Pagina:Rusconi - Teatro completo di Shakspeare, 1858, III-IV.djvu/264


atto terzo 253

correte tosto a Venezia a soccorrere il rostro amico; perocchè voi non sarete mai ricevuto nel letto di Porzia con un’anima inquieta. Vi darò oro abbastanza per pagare venti volte questo piccolo debito, e allorchè sarà scontato conducete il vostro amico con voi. Frattanto Nerissa ed io vivremo come fanciulle e come vedove. Amico, venite; perchè dovete partir nel giorno stesso delle vostre nozze. Adoprate bene coi vostri amici, mostrate loro un’ilare fronte; e poichè vi ho comprato caro, caro mi sarete. — Ma vediamo la lettera dell’amico vostro.

Bas. (legge) «Mio caro Bassanio, i miei vascelli son tutti periti, i miei creditori divengono crudeli, la mia fortuna è quasi annullata. Il termine prefisso dall’ebreo trascorse; e poichè adempiendo alla clausola che racchiude è impossibile ch’io viva, tutti i vostri debiti verso di me saranno soddisfatti, se vi potrò veder prima di morire. Pel resto fate quel che meglio vi talenta, e e se non è l’amicizia che vi ispira il desiderio di riabbracciarmi, non sia la mia lettera».

Por. Caro sposo, affrettatevi a partire.

Bas. Poichè ne ho da voi licenza mi affretterò. Ma fino al mio ritorno alcun letto non sarà complice del mio ritardo, alcun riposo non prolungherà il tempo della nostra separazione. (escono)

SCENA III.

Venezia. — Una piazza.

Entrano Shylock, Salanio, Antonio e un carceriere.

Shy. Carceriere, badagli..... non parlarmi di compassione..... quest’è quel pazzo che prestava il danaro gratis..... Carceriere, badagli.

Ant. Ascoltami, buon Shylock.

Shy. Vuo’ che si adempia al vostro obbligo; non parlate contro l’obbligo vostro. Ho giurato che le condizioni ne sarebbero mantenute. — Tu mi hai chiamato cane senza averne alcun motivo, e poichè sono un cane, guardati dai miei denti. Il doge mi farà giustizia. — Stupisco, ribaldo carceriere, che tu abbia la fantasia di compiacerlo, uscendo per le strade con lui.

Ant. Te ne prego, lasciami parlare.

Shy. Vuo’ si adempia il patto, non vuo’ ascoltarti, vuo’ che riempito sia il patto. Non parlarmi di più; non avrò la sciocca debolezza di versare imbelli lagrime, di lasciarmi piegare e di