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atto primo 15


Gon. Rimangono ancora a farsi cerimonie, formalità fra lui ed il re di Francia. Se mio padre, col carattere che sappiamo avere, vuol ritenere per sè l’autorità regia, la sua cessione non sarà stata che un insulto, per noi.

Reg. Di ciò più a lungo favelleremo.

Gon. Mestieri è adottare qualche temperamento, e profittare di questi primi momenti d’effusione. (escono)

SCENA II.

Una sala nel castello delconte di Glocester.

Entra Edmondo con una lettera.

Edm. Natura, tu sei la mia divinità suprema; alle tue leggi soltanto io consacro gli ufficii miei. Perchè dovre’ io strisciare nel solco d’usanze inique, e permettere alle convenzioni arbitre dei regni di frodarmi della mia eredità, perchè venni al mondo più tardi di mio fratello di dodici o quattordici lune? Perchè bastardo, perchè vile, quando le mie proporzioni sono così regolari, la mia mente così arguta, la mia persona tanto bella, quanto quella del parto d’ogni più onesta matrona? Perchè infamare ne vogliono coi nomi di spurii, d’ignobili, di vili, di dappochi? Ignobili? Ma chi nell’atto vigoroso e lascivo della natura riceve più copia di vita, elementi più forti, fra noi o coloro cui stupidamente genera un’esausta coppia, che in un letto scevro di voluttà e di amore s’adopera senza piacere alla creazione d’una razza d’aborti generati fra il sonno e la veglia?1 — Or bene, legittimo Edgardo, convien che io abbia il vostro patrimonio; perchè l’amore del nostro padre si stende tanto sul bastardo Edmondo, quanto sul legittimo... Legittimo! vaga parola!... Bene, mio legittimo, se questa lettera riesce, e la mia invenzione fruttifica, l’ignobile Edmondo otterrà il posto dell’inteme-

  1. Se il libro del Vanini, De admirandis naturæ, reginæ, dæque mortalium, arcanis, non fosse comparso in luce per la prima volta soltanto nell’anno stesso in cui morì Shakspeare, direbbesi che questi avesse voluto fare allusione, nelle succitate parole di Edmondo, al voto che quegli si lasciava sfuggire: O utinam extra legitimum et connubialem thorum essem procreatos! Ita enim progenitores mei in venerem incaluissent ardentius, ac cumulatim affatimque generosa semina contulissent, e quibus ego formæ blanditiam et elegantiam, robustas corporis vires, mentemque innubilam consequutus fuissem. At quia conjugatorum sum soboles, nisis orbatus sum bonis.