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246 | il mercante di venezia |
mai cadde sulla nostra nazione, come ora: io non mai la sentii come adesso... due mila ducati, e molte altre preziose, preziosissime gemme. — Vorrei fosse morta a’ miei piedi con quei vezzi alle orecchie! Vorrei giacesse dinanzi a me coi ducati nel suo feretro! Nessuna novella di loro? Oh, oh!..... ed io so bene quel che mi costa tale ricerca. Perdita sopra perdita! Tanto rapito dal ladro, e tanto per trovare il ladro; e non alcuna soddisfazione, non alcuna vendetta. Non v’è sciagura che non mi caggia sul dorso; non sospiro che non sia da me esalato; lagrima non v’è che versata non l’abbiano i miei occhi.
Tub. Sonvi nondimeno altri sfortunati; Antonio, da quello che udii a Genova......
Shy. Che, che, che? Male venture, male venture?
Tub. Ha perduto uno de’ suoi vascelli che veniva da Tripoli.
Shy. Ringrazio Dio, ringrazio Dio: è egli vero? è vero?
Tub. Parlai con alcuni naviganti che sfuggirono al naufragio.
Shy. Te ne ringrazio, buon Tubal; buone novelle, buone novelle. Ah, ah! e dove? In Genova?
Tub. Vostra figlia spese in Genova, da quel che intesi, in una sola notte, ottanta ducati!
Shy. Tu mi trafiggi il cuore. Non più rivedrò il mio denaro. Ottanta ducati a un tratto! Ottanta ducati!
Tub. Vennero meco a Venezia alcuni creditori di Antonio, che giurano ch’ei non può che fallire.
Shy. Ne godo: oh! lo farò ben cruciare; lo tribolerò assai; ne godo.
Tub. Uno di essi mi mostrò un anello che egli aveva avuto da vostra figlia per una scimmia.
Shy. Maledizione, maledizione! Tu mi torturi, Tubal: sarà stata la mia turchina ch’io ebbi da Lia, quand’ero ancor garzone. Non l’avrei data per un deserto pieno di scimmie.
Tub. Ma Antonio è certamente fallito.
Shy. Oh! ciò è vero, ciò è vero: va, Tubal, va a trovare il commissario: avvertilo quindici giorni prima. S’ei manca al patto, vuo’ mi dia il cuore. Se fosse fuori di Venezia, farei tutti quei contratti che più mi piacessero: va, Tubal, e vieni a raggiungermi alla nostra sinagoga: va, buon Tubal; alla nostra sinagoga, Tubal. (escono)