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atto secondo 235


Lor. Venite a trovarci, Graziano e me, alla casa di Graziano fra alcune ore.

Salar. Sarà fatto. (esce con Sal.)

Graz. Non era quella lettera della gentil Gessica?

Lor. Convien che ti dica tutto: ella m’insegna come debbo rapirla dalla casa di suo padre; l’oro e i gioielli di cui è provvista, l’abito di paggio che tien preparato. Se mai quell’ebreo padre suo entra nel cielo, non avverrà che in contemplazione della sua amabile figlia; nè mai la sventura oserà attraversare i passi di quella giovine bellezza, fuorchè rafforzandosi del pretesto ch’ella è di schiatta ebrea. Via, vieni meco; percorri questa lettera andando; la bella Gessica sarà la mia stella. (escono)

SCENA V.

La stessa. — Dinanzi alla casa di Shylock.

Entrano Shylock e Lancilotto.

Shy. Bene, vedrai; i tuoi occhi saranno giudici; vedrai qual differenza vi sia fra il vecchio Shylock e Bassanio. — Olà, Gessica!... Tu non sazierai la tua ghiottoneria come facevi da me. — Olà, Gessica! — Nè starai sempre a dormire e a logorare i tuoi panni. — Gessica, Gessica, dico!

Lan. Gessica!

Shy. Chi ti dice di chiamare? Io non tel dissi.

Lan. Vossignoria soleva rimproverarmi perch’io non sapea mai far nulla senza che mi fosse detto. (entra Gessica)

Ges. Chiamate? Cosa volete?

Shy. Sono invitato a cena, Gessica; eccoti le mie chiavi: ma perchè v’andrei? Non è per amicizia che sono invitato; essi mi adulano: ebbene, v’anderò per odio, per pascermi sui prodighi Cristiani. — Gessica, mia fanciulla, bada alla casa: ho ripugnanza ad escire: qualche sventura mi sta sopra, perchè ho sognato stanotte sacchi di danaro.

Lan. Te ne supplico, signore, andate; il mio giovine padrone vi aspetta.

Shy. Ebbene...

Lan. E hanno cospirato insieme... ma nol voglio dire, perchè vediate una mascherata; ma se la vedete non sarà stato per nulla che il mio naso sanguinò lo scorso lunedì a sei ore della mattina.

Shy. Che cosa sono queste mascherate? Ascoltatemi, Gessica: chiudete bene le porte, e quando uderete il tamburo, e il grido