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atto secondo | 233 |
Graz. Dov’è il vostro padrone?
Leon. Là fuori, signore, che passeggia. (esce)
Graz. Signor Bassanio.....
Bas. Graziano!
Graz. Ho una dimanda da farvi.
Bas. L’avete di già ottenuta.
Graz. Non dovete negarmela; convien ch’io venga con voi a Belmont.
Bas. Poichè ciò dev’essere, sarà: ma odimi, Graziano, tu sei troppo selvatico, troppo rozzo, e di voce troppo aspra. Codeste sono qualità che stan bene, e che ai nostri occhi non sembrano difetti; ma dapertutto ove non sei conosciuto, annunziano qualcosa di troppo libero; onde, te ne prego, abbi cura di temperare il tuo spirito petulante con un po’ di moderazione, per tema che la tua condotta poco riservata non sia in mio disavvantaggio nella casa in cui vado, e non mi faccia perdere ogni speranza.
Graz. Signor Bassanio, ascoltatemi: se non avrò il contegno più modesto, se non parlerò con rispetto, non lasciando sfuggire che qualche giuramento di tratto in tratto; se non terrò un libro d’orazioni in saccoccia, e non chinerò gli occhi verso terra; se quando si reciteranno azioni di grazia non mi mostrerò tutto contrito, e non farò eco con sospirosi amen; infine, se non sarò civile fino allo scrupolo, come l’uomo più grave può esserlo per piacere alla nonna sua, non fate mai più assegnamento sopra di me.
Bas. Bene, vedremo come adoprerete.
Graz. La sera però sta per me; voi non mi giudicherete da quello che faremo questa sera.
Bas. Oh! no, vi sarebbe troppa severità. Vi esorterò invece a dimostrare la vostra maggiore allegrezza, perocchè abbiamo amici che intendono di darsi buon tempo. Ma addio, vi lascio perchè ho alcuni negozi.
Graz. Ed io debbo andar a trovare Lorenzo e gli altri; ma ci rivedremo a cena. (escono)
SCENA III.
La stessa. — Una stanza nella casa di Shylock.
Entrano Gessica e Lancilotto.
Ges. Son dolente che tu lasci così mio padre; la nostra casa è un inferno, e tu un demone gioviale che le toglievi un po’ della