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atto primo | 13 |
Cord. (a suo padre) Non chieggo che un’ultima grazia a Vostra Altezza. Confesso che non posseggo un linguaggio molle e insinuante, nè l’arte di prodigar le parole senza disegno d’effettuarle. Ciò che ho risoluto lo compio, prima di farne motto. Degnatevi ora, ve ne scongiuro, dichiarare che se perdo la grazia vostra, ciò non accade perchè io mi sia contaminata d’alcun delitto, d’alcun vizio; perchè io abbia disonorato il mio sesso con alcuna viltà, o con alcun’opera indegna di me; e che tutto il mio fallo sta nel non avere (questa privazione compone la mia ricchezza) un occhio avido che mendichi incessantemente, e una lingua che lungi sono dall’invidiare, sebbene mi costi la perdita della vostra tenerezza.
Lear. Meglio sarebbe per te non essere mai nata, che avermi tanto dispiaciuto.
Franc. Di ciò solo è quistione? Un carattere tardo per natura, e che parca lascia spesso sul conto suo l’istoria di biasimi, sarà un delitto? — Signor di Borgogna, che rispondete voi a questa principessa? L’amore cessa d’esser tale allorchè vi s’immischiano considerazioni straniere: e frivoli interessi non possono essere il suo intento. Parlate: piglieretela voi in isposa? Ella ha in sè la sua dote.
Borg. Re Lear, concedetemi solo quella parte di terre che avevate prima offerte, e in questo medesimo istante prendo la mano di Cordelia, e la saluto duchessa di Borgogna.
Lear. Nulla; l’ho giurato, nè mi rimuoverò.
Borg. (a Cord.) Duolmi dunque, che perdendo il cuore d’un padre, vi sia forza ancora perdere uno sposo.
Cord. Sia pace col duca di Borgogna! Poichè queste contemplazioni di fortuna formano tutto il suo amore, io non sarò sua sposa.
Franc. Bella Cordelia, diseredata e senza alcuna ricchezza, voi non siete che più preziosa a’ miei occhi. Le ripulse che soffrite non vi fanno che più invidiabile; gli sdegni a cui andate soggetta vi rendono doppiamente amata. Io qui prendo possesso della vostra persona e delle vostre virtù: lecito mi sia il farmi donno del tesoro ch’io veggo ripudiato. — Dei! Dei! per quale strano contrasto la loro freddezza e i loro sdegni infiammano vieppiù il mio amore, e lo portano fino all’adorazione?... Re, la figlia tua senza dote, e gettata come alla ventura, è la mia regina, la regina de’ miei sudditi; e della nostra bella Francia. Tutti i duchi della nebbiosa Borgogna non riscatterebbero da me questa fanciulla rara e inapprezzabile. — Cordelia, fate loro i