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220 il mercante di venezia

in un gran cumulo di paglia. Si possono cercare tutto un dì senza trovarle, e trovate che siano non valevano il pregio della ricerca.

Ant. Sta bene; dimmi ora qual è la signora a cui giurasti di andare in segreto pellegrinaggio? Tu mi promettesti di dirmelo oggi.

Bas. A voi è noto, Antonio, in qual misero stato siano ridotte le cose mie, e ciò per aver voluto vivere con maggior splendidezza che le mie fortune non comportassero. Io non mi lagno di vedermi ridotto a gravi privazioni, ma voglio togliermi con onore dagli alti debiti che ho contratti con troppa prodigalità. Io vi debbo molto, Antonio, così in danaro come in amicizia; ed è sull’amicizia vostra che mi affido per aver modo di sdebitarmi.

Ant. Ve ne supplico, mio caro Bassanio, apritemi l’anima vostra. Se è cosa (e qui non potrebbe essere altrimenti con voi) che vi comandi l’onore, siate certo che la mia borsa è aperta, che la mia persona e le mie sostanze son consacrate ai vostri servigi.

Bas. Allorchè ero scolaro, perduta che avessi una freccia, ne scoccavo un’altra nella medesima direzione, mettendo maggior attenzione a seguirne il volo, onde ritrovarla prima, rischiando di perderle tutte e due, e spesso ritrovandole entrambe. Vi richiamo quest’esempio della mia fanciullezza, perchè intendo parlarvi un linguaggio franco. Molto io vi debbo; ma, come spesso incontra a’ giovani storditi, quello ch’io vi debbo è perduto. Nondimeno se voleste avventurare un’altra quadrella dal medesimo lato in cui avete vibrata la prima, non dubito che, colla mia attenzione ad osservarne la caduta, non le ritrovassi tutte e due, o almeno non vi recassi quella che aveste per ultima rischiata, restando per l’altra vostro debitore riconoscente.

Ant. Il mio cuore vi è noto, e sperdete il tempo con tante parole. Voi mi fate maggior offesa dubitando de’ miei sentimenti, che non fareste dissipando quant’io possiedo. Ditemi quindi quello ch’io debbo fare per voi, o quello che voi credete possibile ch’io faccia, e son pronto: parlate.

Bas. Vi è a Belmont una ricca erede; bella, più bella di questa parola, e dotata di qualità egregie. Ho talvolta ricevuto muti messaggi da’ suoi occhi. Il suo nome è Porzia. Essa non la cede in nulla alla figlia di Catone, la Porzia di Bruto. L’universo conosce il suo merito; avvegnachè i quattro venti le conducono da tutte le contrade adoratori illustri. Le ciocche de’ suoi capelli, lucide come il sole, cadono sulle sue tempie, come un vello d’oro; ciò che fa di Belmont un’altra Colco, a cui gran quantità di Giasoni accorre per amore del conquisto. — Oh! mio caro Antonio, se